Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Un'Odissea quasi impossibile nel Mediterraneo e nel Nord Africa nei giorni nostri.
Ora ora nelle sale, IO CAPITANO di Matteo Garrone.
Seydou e Moussa, due cugini senegalesi, affrontano un’odissea nel Nord Africa per arrivare in Italia tra lunghe attraversate nel deserto, circostanze abbastanza fortuite, cavilli poco ortodossi e malavita. Solo che a differenza di Ulisse, noto navigatore, stratega, sovrano e soldato, Seydou è un semplice sedicenne pieno di sogni che si caricherà di responsabilità e incontrerà difficoltà talmente grandi da far riflettere i suoi coetanei europei. E non solo loro, caro Matteo Salvini…!
Al solito Garrone gira in modo ineccepibile, tanti campi larghi che esaltano il panorama africano, una fotografia calda che esalta l’ambientazione e l’atmosfera, dei bei primi piani sui personaggi che anche solo con le immagini riescono a dar loro una buona caratterizzazione. E’ tutto in lingua senegalese con i sottotitoli, ad eccezione di alcune parole in lingue locali ed ovviamente in italiano. Un montaggio ben gestito dove fa’ scorrere bene le due ore di durata. La parte finale, fin dall’inizio, ha un crescendo via via sempre più grande di ansia, specie se non si ha la patente nautica e un barcone decente…
La storia segue molto il punto di vista di Seydou, di come vede il suo paese natale, di come viene a sapere le storie sull’Europa dalle parole degli adulti insieme agli insegnamenti e alle usanze locali e di come vive di speranze e nostalgia attraverso un paio di momenti onirici ben inscenati.
Attraverso il viaggio si vedono due aspetti dell’umanità. Dal lato negativo della mafia libanese che fa’ soldi con gli scafisti e la tratta degli schiavi, la legge del più forte dove chi rimane indietro a malincuore viene abbandonato e chi ha più soldi, spesso e volentieri, direttamente o meno, è grazie ai migranti.
Di contro e quasi a ribaltare, il lato positivo brilla molto come la solidarietà, una fratellanza dove uno aiuta l’altro senza chiedere nulla in cambio, lottando fino alla fine tutti insieme, un legame “padre e figlio” molto ben raccontato, il sacrificio e il duro lavoro per perseguire degli obiettivi di vita laddove non si ha nulla da perdere.
Curiosamente ci sono momenti allegri ed ironici molto sottili con battute pressoché memorabili, complice forse Massimo Ceccherini che, insieme a Garrone, scrive la sceneggiatura.
Forse si poteva spingere con più cattiveria e realismo per come vediamo le tante storie di sbarchi, specie quelle andate peggio. Ma forse questa era una delle tante andata meglio e anche se in modo più fanciullesco del solito, qualcuno doveva pur raccontarla una volta arrivato a Lampedusa.
Visione obbligata, dato che qua in Europa ultimamente sappiamo raccontare molto meglio degli americani le storie di chi non è bianco senza fare i politicamente corretti.
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