Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 80 - CONCORSO - PREMIO LEONE D'ARGENTO MIGLIOR REGIA E PREMIO MARCELLO MASTROIANNI AL MIGLIOR GIOVANE ATTORE
Un viaggio a senso solo
Senza ritorno se non in volo
Senza fermate ne confini
Solo orizzonti, neanche troppo lontani"
(Destinazione paradiso)
Il viaggio per sedicenne Seydou e il cugino coetaneo Moussa ha senso invece proprio per tornare, un giorno magari non proprio vicino, al proprio paese, dai propri cari.
Ma tornare da vincenti, da uomini realizzati, ovvero, nel caso in questione, da famosi musicisti a cui si chiedono autografi con riverenza e venerazione.
Il sogno dell'Europa della realizzazione è un richiamo più forte dei freni che qualcuno, considerato folle o codardo, all'Europa guarda come ad un tranello, e al viaggio per raggiungerla come a qualcosa di ancor più pericoloso e letale.
Ma i due illusi scopriranno sulla loro pelle, come Pinocchio e Lucignolo diretti verso il paese dei balocchi - si potrebbe dire non troppo a sproposito parlando di cinema di Matteo Garrone, che i pericoli, gli inganni, le violenze e le sopraffazioni che si celano dietro questa traversata che già dalla partenza richiede somme proibitive, sono ancora maggiori di tutto ciò che i pessimisti un po' invidiosi prevedevano dal paese natio del Senegal ove partono i due cugini.
Con "Io capitano" Matteo Garrone firma il suo progetto ad oggi più ambizioso ed importante, e ci racconta per filo e per segno la via crucis che, in termini frammentari la stampa in po' ci ha già raccontato per vie sommarie, ma che con questo film ci vengono riproposte in tutta la sua più cruda, realistica e veritiera drammaticità.
Garrone utilizza uno stile di racconto asciutto, limpido, che punta al realismo più concreto senza mai nemmeno sfiorate la retorica, assemblando le disperate dinamiche di un esodo impossibile senza mai rischiare di sfiorare quel senso di accumulo che, anche solo a provare a raccontare a voce la storia di Seydou e Moussa, si rischierebbe di oltrepassare. Garrone ricorre ad un solo momento onirico, quello del volo della viaggiatrice agonizzante nel deserto, opportuno ed utile proprio per evitare che il dramma sfoci in patetismo.
E il viaggio si dipana in tutto il suo assurdo e crudele evolversi, fino ad una fine, che poi in effetti è in realtà un nuovo inizio, o tutto fuorché una fine.
La dinamica dell'accoglienza esula dal contesto a cui mira il film, e difatti Garrone accenna solo alla vergognosa prassi di rimbalzati la responsabilità tra paesi confinanti quando i relitti del mare navigano ancora in acque internazionali. Ma al film, che non ne ignora affatto le dinamiche, interessa altro, come si rivela corretto ed appropriato.
E "Io capitano", titolo che si riferisce ad una promozione sul campo che Seydou si guadagna a pieno merito nella sua inimmaginabile via crucis tra deserti, contrabbandieri di anime e mari agitati, diventa il film più emozionante del Concorso veneziano: quello più urgente, necessario, stimolante per poter finalmente renderci edotti in modo puntuale e definitivo su questa epocale tragedia umana che pare non avere soluzioni all'orizzonte.
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