Regia di Franco Giraldi vedi scheda film
In una famiglia nobile (o quasi) della Pirano Austro-Ungarica è ora di chiudere i molti conti in sospeso.
Franco Giraldi si sta lentamente guadagnando la fama che si sarebbe sempre meritato, ma che lo ha schivato fino a pochi anni fa, forse anche per essere lui stesso schivo agli onori e perché i suoi film non sono né ambiziosi, né appariscenti, ma cionondimeno degni di nota.
Tra questo “La rosa rossa” (recuperato di recente da qualche cassapanca dopo anni di invisibilità) e i suoi migliori risultati, come “La giacca verde” (1980) e “Un anno di scuola” (1977) io forse scelgo il terzo, ma è una questione di sfumature e di accenti. Tutti e tre andrebbero fatti circolare di più.
E' una pellicola tranquilla eppure mai noiosa, che si prende i suoi tempi ma con sapienza e senso della misura, sicché il fiume scorre placido ma senza anse o bracci morti. E' un cinema intimista, ben sorretto da attori composti ma espressivi, che ha tuttavia un costante retroscena di ampio sguardo e respiro: nei discorsi dei personaggi aleggiano l'Impero Austro-Ungarico, le spinte indipendentiste delle nazioni appartenenti, il nascente socialismo, gli echi che giungono dalla lontana Ungheria. Il tutto si riverbera nel microcosmo della veneta Pirano, Austria-Ungheria al tempo dell'ambientazione, quindi Jugoslavia e oggi Slovenia.
La vicenda narrata appartiene al filone dell'evento imprevisto che riporta inaspettatamente alla luce un passato rimosso, ma che è bene che venga finalmente preso in considerazione e metabolizzato: errori, fughe improvvide, rimpianti, segreti sfuggiti di mano, ma anche i conti a lungo in sospeso finalmente chiusi. Certo, i chiarimenti danno un senso di sollievo, ma non rimane però molto altro quando si è ormai alle soglie della vecchiaia e non si può più tornare indietro. Le scelte vanno fatte nel momento in cui si presentano.
I personaggi sono abbastanza interessanti, specie quanto ai rapporti che li legano, comprese le piccole invidie e rivalità. A poco a poco, quella casa, dove non sembra succedere mai nulla, si rivela un grumo di fili che travalicano le classi, i casati, e il tempo che se ne va. Anche personaggi secondari come la servetta ingenua e il dottore - che rimanda i vecchi ma visita attentamente le ragazze - hanno la loro consistenza. Infine, come in tutti i buoni dialoghi, conta anche il non detto.
E adesso penso che adesso andrò a cercarmi il romanzo di Quarantotti-Gambini da cui la pellicola è tratta.
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