Regia di Gianluca Mangiasciutti vedi scheda film
Thriller psicologico nel quale il colpevole si conosce sin dall’inizio ma che progressivamente si svela anche agli occhi dei protagonisti. Lorenzo Richelmy prosegue nell’interpretare personaggi border line, protagonisti di pellicole di nicchia e dal vissuto fuori dal comune. Passando indifferentemente da idealisti alla ricerca del colpo della vita (Una vita spericolata, 2018) scrittori caduti in disgrazia e alla ricerca di successo (Dolceroma, 2019), deejay privi di scrupoli (Il talento del Calabrone, 2020) capaci di fare il verso al Talk Radio di Oliver Stone, fino al giovane industriale silente e tutto d’un pezzo tratteggiato nella pellicola di Gianluca Mangiasciutti, 46enne alla seconda regia dopo anni a far gavetta nel mondo dei corti e delle serie TV, e che ci propone una storia come quelle che spesso ci capita di leggere sui quotidiani. Un uomo investito e ucciso da un pirata della strada davanti agli occhi di una bambina, la figlia, che per il padre non riesce a trovare giustizia, non rassegnandosi all’idea di non ricordare il viso dell’uomo che l’ha finito. La ventunenne Aurora Giovinazzo impersona, con una prova ancora più intensa, rispetto a quella di Richelmy, la figura di Irene, una ragazza in perenne scontro con tutti, ma prima di tutto mai in pace con sè. Fino a un epilogo che allo spettatore è chiaro sin dalle prime battute.
Film passato curiosamente in sordina e che comunque ha la capacità, attraverso una fotografia livida come la storia che narra, di descrivere un amore malato prima fra padre, madre e figlia e successivamente fra colpevole e vittima. Unica pecca non riuscire a soffermarsi troppo sulle conseguenze di un gesto così inatteso per il quale la vera colpa non è averlo commesso ma non aver avuto la capacità di assumersene la paternità.
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