La recensione su Memory

di alan smithee

6 stelle

AL CINEMA

"La memoria è una stronzata...e la giustizia non è garantita"

Un killer professionista abile e professionale (Liam Neeson), non più giovanissimo e sofferente di un inizio di Alzhaimer, cerca da tempo di diradare le proprie missioni per potersi finalmente ritirare dedicandosi a curarsi.

Il suo contatto, tuttavia, gli chiede insistentemente di accettare una urgente missione, che prevede l'eliminazione di alcune persone scomode in cambio di una valanga di soldi, in località poste al confine tra Texas e Messico.

Una di queste prede si rivela essere una adolescente, figlia di un boss messicano che la sfruttava costringendola a prostituirsi.

La giovane è da poco tempo finita in una struttura di affido dopo essere stata rocambolescamente liberata da quello stato di schiavitù da uno zelante agente dell'FBI (Guy Pearce), da tempo alla caccia dei mandanti di un commercio sessuale tra Usa e Messico.

Il killer si rifiuta di portare a termine quella missione, e per questo viene perseguitato da una parte dai suoi mandanti, e dall'altra dalla polizia, che inizia a notarlo e a pedinarlo, individuandolo come responsabile dei molti omicidi che si verificano sulla piazza.

Il boss che ha inteso eliminare quei soggetti, testimoni scomodi e compromettenti del turpe commercio di minorenni a cui ha preso parte il vizioso figlio, è una potente donna messicana di origine italiana, la seducente quanto spietata Davana Sealman (Monica Bellucci), che non bada a spese pur di proteggere il proprio figlio viziato e succube di un vizio che la genitrice ha deciso di porsi in carico pur di non perderlo dalla propria possessività di madre ricca ma sostanzialmente sola.

Tra fughe e morti giustiziati dall'infallibile killer o dai suoi ex soci, incontri tra quest'ultimo ed il suo ideale nemico nonché agente dell'FBI, che tuttavia impara a conoscerlo e ad apprezzarne gli intenti, il thriller si srotola agilmente nella sua storia rutilante e non proprio credibile, sino ad un finale risolutore ove per tutti il prezzo da pagare si rivelerà davvero alto.

In sede di regia del più recente tra gli action che la star Liam Neeson interpreta con ritmi davvero forsennati anche dopo aver superato la fatidica soglia dei primi settanta (portati invero con una prestanza a dir poco invidiabile), troviamo il più che collaudato cineasta neozelandese Martin Campbell (suoi Legge criminale, Fuga da Absolom, Goldeneye, La maschera di Zorro, Casino Royale, Lanterna verde e molti altri), che alla soglia delle ottanta primavere, si conferma un grande intrattenitore e un formidabile direttore di scene d'azione, efficaci e riuscite anche senza eccedere in effetti o strategie sensazionali.

Certo la sceneggiatura, articolata da un intreccio di una certa complessità, spesso si rivela un po' traballante, ma non al punto da vanificare l'efficacia di un thriller di discreta fattura e concreta capacità di attrazione sul pubblico.

Per Liam Neeson, un tempo più di oggi attore predisposto verso parti di un certo spessore psicologico, il ruolo del killer malato e stanco, permette alla star di tornare a far leva su sfaccettature anche intime, ultimamente messe da parte a favore di ruoli muscolari o di puro intrattenimento.

Tra l'altro, il suo personaggio di uomo dalla memoria labile, per questo costretto ad annotarsi particolari vitali per il suo lavoro sul braccio con annotazioni ad inchiostro, coincide curiosamente col comportamento che lo stesso Guy Pearce, qui co-protagonista del film, aveva scelto di adottare nei panni del protagonista di uno dei film più complessi ed intriganti di Christopher Nola, ovvero memento.

I due film non possono certo paragonarsi senza che Memory ne possa uscire con le ossa rotte, ma la circostanza resta una curiosità piuttosto intrigante.

Peraltro Pearce si rivela un perfetto e trafelato contraltare di Neeson, mentre sul coté femminile, molte donne toste intervengono nella vicenda, come la giovane poliziotta di origini messicane intenta ad imparare una lingua natia che le è completamente estranea (la interpreta una convincente Taj Atwal), ma l'attenzione si sposta inevitabilmente sulla perfida vedova nera che si dimostra Davana, resa con pertinente comparto fisico da una Monica Bellucci scientemente invecchiata per incarnarne fattezze di pregevole apparenza.

Al solito l'auto-doppiaggio italiano non le rende granché onore, ma il physique du rôle della famosa diva internazionale italiana risulta perfettamente pertinente alla parte assegnatale.

Chiudi

Ti è stata utile questa recensione? Utile per

3 utenti.

chiudi

Per te? Sì