Regia di Roberto Andò vedi scheda film
Stranizza d'Auturi.
Riducendo all’osso, per cui lasciando all’evidente di per sé del sentir comune l’enorme mole di massiva ciccia letteraria sulla quale poggia un film del genere, eccolo: còlto
– oltre che s’un treno, come il protagonista poco prima del principio dell’ultima, e “testamentaria” (ma non postuma, essendo comparsa, prima che nel XV ed ultimo volume della raccolta edito nel 1937, sul Corriere della Sera nel 1935), delle Novelle per un Anno, vale a dire “Una Giornata” (in pratica David Bowman nella camera rococò Oltre l’Infinito in “2001: a Space Odyssey”), con la differenza che su “pellicola” in carrozza con l’Autore v’erano le sue creature in farsi, e non, su inchiostro e carta, ch’invece il Figlio del Kaos lo ha creato (famigliari, amici, colleghi, conoscenti: trasfigurati in “quell'odore che cova nei luoghi che hanno preso la polvere”; e i figli già vecchi, e i bambini nati da loro) –
nel mezzo del cosiddetto passaggio dal periodo artistico grottesco a quello meta-mediale
(per quanto riguarda invece l’attraversamento del limine precedente, con l’abbandono - certo che no! - del realismo in favore dell’umorismo, didascalica, ma corretta, appare la sequenza col maestro verista Verga, qui impersonato da Renato Carpentieri, dal Teatro dei Mutamenti a gran caratterista per Martone, Moretti, Greco, Rohrwacher, Amelio, Sorrentino),
il Luigi Pirandello di Roberto Andò – qui al suo film migliore forse di sempre (“il Manoscritto del Principe”, “Viaggio Segreto” e - a “proposito” delle ceneri del fu - “Conversazione su Tiresia”) –, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso e Toni Servillo, pre-inventa, incontrando gl’inneschi catalizzatori Salvatore Ficarra & Valentino Picone
(entrambi con almeno un paio di sequenze e scene ciascuno da applauso, oltre che co-produttori col sodale Attilio De Razza assieme ad Angelo Barbagallo, mentre a completare il cast artistico vi sono Giulia Andò, Luigi LoCascio, Fausto Russo Alesi, Donatella Finocchiaro (la Moglie: Maria Antonietta Portulano), Aurora Quattrocchi (la Balia: Annicchia/Annetta?!), Giordana Faggiano (la Figlia: Rosalia, detta “Lietta”), Galatea Ranzi, Tiziana Lodato, Paolo Briguglia, Rosario Lisma, Tuccio Musumeci, Filippo Luna, Brando Improta e Domenico Ciaramitaro, e per quello tecnico Maurizio Calvesi alla fotografia, Esmeralda Calabria al montaggio, Michele Braga & Emanuele Bossi alle musiche, Giada Calabria, Loredana Raffi e Mariangela Caggiani alla scenografie e Maria Rita Barbera ai costumi),
alcuni dispositivi poi precipuamente caratterizzanti l’òvre di Samuel Beckett e Luis Buñuel.
Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d’infinite assurdità, che sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere.
Insomma: comprendo benissimo, o, meglio, non mi stupisce affatto, al netto della Teoria del Caos, la meritata “fortuna” al botteghino, oltre a quella critica, incontrata da questo “la Stranezza” (tra grottesco umorismo, iperrealismo trasfigurato e metacinema), la qual m’appar tutt’altro che strana.
4 anni dopo, col cadavere di Giacomo Matteotti ancora caldo, il “pessimista accattone relativista” (semi-cit.) chiederà all’Eccellenza Vostra d’essere accettato nel Partito Nazionale Fascista. Dieci anni dopo, il Nobel.
«Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi.»
Stranizza d’Auturi.
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