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Pinocchio

Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film

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La recensione su Pinocchio

di 79DetectiveNoir
6 stelle

Stranamente, son il primo a recensire ivi questo film. In tarda serata di tale 14 Settembre 2022. Cioè, un giorno dopo il mio compleanno, quasi due dì dopo. In quanto, dopo la mezzanotte, Cenerentola. Ah no, scusate, eh eh, confondevo le fiabe. Io sono il lupus in fabula.

locandina

Pinocchio (2022): locandina

Tom Hanks

Pinocchio (2022): Tom Hanks

scena

Pinocchio (2022): scena

Cynthia Erivo

Pinocchio (2022): Cynthia Erivo

Tom Hanks

Pinocchio (2022): Tom Hanks

Tom Hanks

Pinocchio (2022): Tom Hanks

scena

Pinocchio (2022): scena

 

Ebbene, oggi recensiamo l’ultima e attesissima opus di Robert Zemeckis (Ritorno al futuro, Benvenuti a Marwen, Flight), ovvero Pinocchio, targato Disney+ e disponibiledall’8 Settembre, mondialmente, su Amazon Prime.

Tratto e liberamente adattato, naturalmente, dal celeberrimo, numerosissime volte trasposto, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi, favola arcinota che non necessita di ulteriori presentazioni pleonastiche, il Pinocchio zemeckesiano, nelle prossime righe da noi disaminato, non è stato accolto positivamente dalla critica internazionale. In quanto, a nostro avviso erroneamente, così come presto vi spiegheremo, è stato stroncato apertamente in modo plateale e ingiustificato. Probabilmente esagerato, riscuotendo, giustappunto, un magrissimo e deludente 33% di media recensoria sul sito aggregatore Rotten Tomatoes e rivelandosi, dunque, agli occhi dell’intellighenzia, un sonoro flop di proporzioni titaniche.

Come poc’anzi accennatovi, noi invece, pur ovviamente non reputandolo un capolavoro, neppure un film memorabile, abbiamo apprezzato il Pinocchio di Zemeckis e non v’abbiamo scorto né visto nulla di così particolarmente disdicevole e/o disprezzabile, a differenza peraltro, non soltanto della Critica quasi in toto, bensì di gran parte dello stesso pubblico che, in maniera parimenti lapidaria e piuttosto uniforme, altresì superficiale e omologata a un banale pensiero comune che sta attecchendo in modo omogeneamente triste e agghiacciante per maligno sentito dire, per pregiudizi contagiosi e vergognosi, a causa  della faciloneria più imbarazzante e stolta, impietosamente lo sta ingiuriando pesantemente. Un pubblico prevenuto che lo sta in massa subissando di offese riprovevoli. Offese, riteniamo, impertinenti e, ripetiamo, fallaci e troppo astiose. Sinceramente, non ci capacitiamo di tale screanzato accanimento eccessivo, piatto e scontato, stupendoci oltremodo di quest’irriguardoso atteggiamento idiosincratico nei confronti di Pinocchio, invece amabile.

Prodotto da Paul Weitz (About a Boy, Vi presento i nostri, Being Flynn), sceneggiato da suo fratello Chris & e dallo stesso Robert Zemeckis con non poche licenze poetiche, accorciamenti, reinvenzioni e limature, queste sì, soventemente non necessarie e distorsive rispetto alla celebre storia originale di matrice collodiana, Pinocchio dura centocinque minuti netti che scorrono via tutti d’un fiato e, nella loro intima, scorrevole, carezzevole essenza anacronistica e naïf, si lasciano gustare con godibilità ineludibile e piacevolissima.

Trama, da tutti conosciuta ma è comunque importante enunciarla sinteticamente:

Nel suo malinconico incipit, visivamente strabiliante e poetico, osiamo dire incantevole, assistiamo al Grillo Parlante (voce originale di Joseph Gordon-Levitt) che entra di soppiatto in casa dell’anziano Geppetto (un grande Tom Hanks come sempre). Un uomo che sta immensamente soffrendo per la recente, tragica scomparsa del figlio, e vive in un’angusta tavernetta, diciamo, rustica e polverosa, in compagnia solamente d’una pesciolina di colore giallo di nome Cleo e del suo fido gatto Figaro. Da tempo è intento a creare meticolosamente un burattino di legno di nome Pinocchio nell’apparentemente vana e illusoria speranza che quest’ultimo, cioè la marionetta di nostra conoscenza, possa consolare e alleviare il suo lutto incolmabile e tremendo. Al che, porge gli occhi al cielo stellato e illuminato e, avvistando lassù la baluginante Stella dei Desideri, per l’appunto, le esprime un desiderio, ovvero che Pinocchio possa trasformarsi in un vero e proprio bambino in carne e ossa. Dunque, come per miracolo, La Fata Turchina (Cynthia Erivo) rende possibile l’inimmaginabile più utopistico e incredibile. Il resto della storia la sapete...fra il Gatto e la Volpe, Mangiafuoco (interpretato dal nostro Giuseppe Battiston) e Lucignolo (Lewin Lloyd).

Nitida e splendida fotografia inappuntabile di Don Burgess e appropriate musiche di Alan Silvestri, due immancabili habitué di Zemeckis, a comporre, da Forrest Gump in poi, lo stesso quartetto e a rinnovare l’intramontabile reunion col duo storico Zemeckis ed Hanks (Cast Away, Polar Express).

Attesi, presto, con un’altra pellicola, Here, scritta peraltro dallo stesso sceneggiatore di Forrest Gump, cioè Eric Roth, e con la sua stessa co-protagonista, Robin Wright.

Pinocchio non è bellissimo, non è neanche forse bello ma, di certo, non è affatto brutto.

L’animazione live action e il connubio fra riprese reali dei pittoreschi borghi toscani e gli attori funzionano egregiamente e Zemeckis n’è maestro oramai indiscusso, anche laddove, vedi La leggenda di Beowulf, come in questo caso, non s’accorda a una sceneggiatura originale, tantomeno efficace. In quanto, i dialoghi stentano e scricchiolano grandemente, il buonismo e il politically correct abbondano a dismisura e alcune situazioni sono, incontrovertibilmente, scarsamente plausibili e finanche imbarazzanti.

Eppur il Pinocchio di Zemeckis basa molta della sua forza, persino emotiva, su un lirismo d’antan affascinante, su soavi atmosfere favolistiche e sulla caratura recitativa di Hanks, eccezionale e commovente, tant’è vero che compare lui, in primissimo piano, sebbene di profilo, nella locandina originale. Ha dei momenti indubbiamente criticabili e addirittura ridicoli. Ciononostante, è perfettamente coerente col percorso artistico di Zemeckis e totalmente ascrivibile alla sua stupefacente poetica cineastica, vogliosa di sperimentare interminabilmente e in modo instancabile. Poiché a Zemeckis non interessa più realizzare capolavori o film importanti che passeranno alla storia all’istante, bensì desidera soltanto mettersi in gioco, “ingenuamente” sbagliando clamorosamente oppure solo venialmente, alla stregua di un moderno Pinocchio della settima arte che si diverte da matti nel suo luccicante e ammirabile giostrarsi, più o meno bene, nel gran Paese dei Balocchi ove tutto gli è concesso senza correre il rischio di passare per asino come Lucignolo poiché non ha niente da dimostrare e rimane, rimarrà eternamente l’autore di due perle insuperabili come Back to the Future e Chi ha incastrato Roger Rabbit.

Il Pinocchio di Zemeckis non toglie né aggiunge nulla a ciò che abbiamo visto e letto sin ad ora. Dunque, se siete stanchi dell’ennesima sua versione (attenzione, a Natale uscirà anche quella di Guillermo del Toro), peraltro non molto originale né personale, del burattino di legno creato dalla penna di Collodi, lasciate perdere subito.

Postiglione è incarnato da Luke Evans mentre la gabbianella Sofia è doppiata da Lorraine Bracco (Quei bravi ragazzi).

 

scena

Pinocchio (2022): scena

scena

Pinocchio (2022): scena

 

 

di Stefano Falotico

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