Regia di Jon S. Baird vedi scheda film
Alle spalle di un’invenzione/intuizione trionfale, si celano/nascondono una sequela di personaggi/fatti/diatribe che rimangono nell’ombra. Certo, usualmente non c’è poi granché da appurare e quindi da raccontare ma, in alcuni casi, emergono percorsi accidentati, cosparsi di svolte tutt’altro che scontate, minati con trappole che rischiano di mandare tutto a monte, di creare brusche frenate, frane difficili da ricomporre e danni irreparabili.
La commercializzazione internazionale di Tetris, un videogioco simbolo di (almeno) una generazione, si rivela – insospettabilmente e clamorosamente - adatto a dar luogo a un ampio ricorso di espedienti/legacci cinematografici, aggiungendosi a una lista in espansione che contiene straordinari successi nati tra mille vicissitudini, che conta i recenti The offer, serie televisiva che segue la traumatica realizzazione de Il Padrino, e Air – La storia del grande salto, che si occupa di idee che hanno rivoluzionato lo sport e il marketing a esso annesso.
Stati Uniti, Urss e Giappone, 1988. Dopo il flop della sua ultima creatura, Henk Rogers (Taron Egerton – Rocketman, Kingsman – Secret service) scopre Tetris, un videogioco di cui s’innamora all’istante.
Cerca di appropriarsene, ma deve fare i conti con una concorrenza agguerrita e dai ranghi variabili, che vede impegnati Robert (Roger Allam – V per vendetta, Tamara Drewe – Tradimenti all’inglese) e Kevin Maxwell (Anthony Boyle – Il complotto contro l’America, Tolkien), che dispongono di una considerevole potenza di fuoco economica, nonché Robert Stein (Toby Jones – Il racconto dei racconti, Infamous – Una pessima reputazione), un uomo privo di scrupoli.
Partendo da una posizione di netto svantaggio, Henk si reca in Urss, dove vive Alexey Pajitnov (Nikita Efremov), il creatore del gioco, sede dell’azienda che ne detiene i diritti.
Nonostante le tante avversità, Henk non ha la minima intenzione di demordere, anche perché si è giocato tutto pur di coronare il suo sogno.
Distribuito direttamente su Apple Tv+, Tetris è un film dalla configurazione poliglotta, commisurata e diligente, con un’interfaccia grafica assolutamente confacente, scritto con intenti riassuntivi da Noah Pink (Genius) e diretto con mestiere dal regista scozzese Jon S. Baird (Stanlio & Ollio, Filth).
Sostanzialmente, marca il territorio a chiare lettere, tra innesti a 8 bit che richiamano i livelli di gioco e un’indole battagliera, scorrazza nel dietro le quinte e spende tutti i gettoni disponibili, spaziando tra tonalità sfaccettate e culture senza apparenti punti di contatto, come quelle americane e sovietiche, con sporadici accenni di quella giapponese.
In prima battuta, instaura con buon piglio un mosaico d’incastri che si fonda sullo spy movie, alimentato delle divisioni dettate dalla Guerra Fredda (ovviamente, siamo lontani anni luce dalle finezze di La Talpa), ma calmiera i toni con l’ausilio di scampoli di leggerezza derivanti dalla commedia, aggiunge elementi da thriller finanziario, così come variazioni legate all’azione, con una sequenza d’inseguimento, senza trascurare un finale - con fuga incorporata - che sintetizza – brutalmente - quanto visto in Argo.
Una sintesi stringente ma tutto sommato accettabile, una fitta ragnatela che predilige la chiarezza espositiva, allestendo un flipper che tiene costantemente il piede sull’acceleratore scatenando una corsa a ostacoli scandita da continui capovolgimenti di fronte, con ripetuti tira & molla e un incessante fuoco incrociato.
Nonostante questa impostazione di stampo compilativo, che si pone come principale scopo quello di allietare un pubblico generalista, Tetris documenta – pur senza spremersi troppo – le contrapposizioni tra il mondo occidentale e l’apparato sovietico, tra avidi avvoltoi e disoneste sanguisughe, tra capitalismo e ostruzionismi, ma anche tra il passato e il presente, con la fine di un’epoca ormai alle porte e un’evoluzione/involuzione tuttora dominante, scartabellando la natura umana, germi che non risparmiano nessuno.
Infine, la forza motrice che contraddistingue il film, rigorosamente analogico, è scortata da un Taron Egerton d’assalto, mirabile per come sostiene tutte le variabili a cui è sottoposto, coadiuvato da un cast sintonizzato sulla medesima lunghezza d’onda.
In conclusione, Tetris fornisce un intrattenimento di sana e robusta costituzione, che tiene sulle spine viaggiando a vele spiegate, sempre diretto talvolta inutilmente caotico. Fa di necessità virtù, ad esempio ricreando Mosca per le strade di Aberdeen, taglia corto ma con la logica finalità di inglobare una mole considerevole di elementi e considerazioni, un elenco puntato mediamente pragmatico, fondamentalmente affine agli input deduttivi e stimolanti del videogame da cui prende forma.
Tra cavalli vincenti e guanti di sfida, carte bollate e concorrenze sleali, miti nascenti e outsider che piazzano un azzardato all in, euforia e frustrazione, minacce smaccate e promesse non mantenute, andate & ritorni, rospi da ingoiare e rilanci incoscienti, imbrogli e postille, hit musicali (vedi, The final countdown) e accenti di tensione, muri di gomma e proprietà intellettuali.
Ludico e scaltro, persuasivo e indaffarato.
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