Regia di Peter Farrelly vedi scheda film
Uno dei migliori film recentissimi, onesto nei fini e nell'esposizione: l'esempio di come il cinema dovrebbe essere e potrebbe essere, depurato dalle ideologie dilaganti. Intrattiene, racconta, informa, fa riflettere. Cast solido, regia ineccepibile, musiche e fotografia d'autore. Promosso a pieni voti!
Si potrebbe pensare che un film sul Vietnam oggi sia inutile e fuori tempo massimo, ma ciò che colpisce è la straordinaria attualità di quest'opera, che affronta con grande lucidità una tematica che proprio il conflitto vietnamita portò alla ribalta, e cioè il rapporto tra politica, verità e società.
La verità, ammonisce Russel Crowe/Arthur Coates, è alla base di tutto, e chi governa ha interesse a eluderla, al fine di manipolare le masse. Purtroppo questa lezione i governanti (e adopero deliberatamente il termine "governanti", anzichè "politici") l'hanno appresa perfettamente, e infatti la stampa che allora contestava i governi oggi li acclama, e invece censura e sopprime sistematicamente la verità. Politica e media oggi rispondono agli stessi padroni, e così non stupisce che dietro a tutti i principali giornali ed emittenti figurino pochi gruppi societari, a loro volta controllati sempre dai soliti noti (che mi sono pure stancato a forza di nominare).
Quelli che ieri protestavano contro i governi guerrafondai e dittatoriali, oggi protestano contro chi protesta contro i governi guerrafondai e dittatoriali. Come è stato possibile arrivarci? Semplicemente assicurandosi il controllo della "verità ufficiale". Proprio come la "scienza ufficiale". Per questo un signor nessuno come Burini può fregiarsi di umiliare pubblicamente studiosi veri, un massone come Draghi può governare senza alcun titolo nè diritto, un lacchè come Mentina può censurare e ridurre al silenzio i rei di opinioni non allineate, etc. Quando l'informazione cade sotto il controllo del dittatore, la massa è spacciata, e verrà sistematicamente aizzata contro i suoi membri che ne hanno a cuore le sorti, da coloro i quali la vogliono dominare (o sfoltire, come accade oggigiorno).
Come le persone in patria credevano che si stesse vincendo una guerra persa in Vietnam, così i tedeschi avevano creduto alla "vittoria finale" di Hitler, e ugualmente gli occidentali di oggi credono ai "vaccini salvifici" o a "Putin cattivone". Cosa è cambiato, realmente? Nulla. Solo, si è diventati più attenti alla psicologia, e si è strumentalizzata la tecnologia.
Ecco, quindi, che la morale di Una birra al fronte trascende il contesto di riferimento, e fornisce una fulgida descrizione della deriva occidentale e delle sue cause. Sarebbe più che sufficiente questo, per raccomandarne la visione. Invece c'è anche (molto) altro!
Il ritmo non rallenta mai, e l'escalation è lenta ma costante: il cambiamento morale del protagonista non avviene in modo improvviso o inspiegabile, bensì attraverso una serie di situazioni ben descritte e inquadrate. Il tutto appare credibile e ragionevole, per nulla forzato o estremizzato. Così, anche la violenza si intravvede quasi sullo sfondo, eppure risulta ben percettibile proprio grazie all'intensità emotiva dei personaggi. L'equilibrio è impeccabile: ci si commuove senza scadere nel patetico, si ride e sorride continuamente ma con intelligenza e naturalezza. I dialoghi brillanti sono accompagnati ed esaltati da una fotografia spettacolare e da musiche ricercate e perfettamente raccordate. Cast eccellente e magnificamente diretto: ciascuno ha il proprio carattere, le proprie specificità e si imprime nella memoria. Vorremmo vedere più film come questi, che abbiano la volontà di denunciare i mala mundi e la capacità per farlo.
In definitiva, Peter Farrelly si riconferma un grande autore, capace di spaziare tra diversi generi con immutata maestria.
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