Regia di Rodrigo Garcia vedi scheda film
Le persone cambiano, a volte nel bene, altre nel male, spronate/vincolate da tutte le vicissitudini che irrompono – più o meno volute - sul loro sentiero. Crescono, maturano e decadono, sbagliano – in modi anche imperdonabili - e – quando butta bene - imparano, collezionano svariate esperienze, tra errori e panacee, condizionano chi le circonda, feriscono a lungo termine e curano riempiendo dei vuoti, non si smentiscono così come in qualche modo non finiscono mai di stupire.
Talvolta, tutto questo conglomerato imperversa fino all’ultima curva, lasciando evidenti segni di ogni scelta intervenuta su questo mondo.
A volte, come succede nel gradevole Raymond & Ray, anche da morti riescono a influenzare i posteri, senza contraddirsi, donando contemporaneamente rinnovate energie.
In occasione della morte del padre, Raymond (Ewan McGregor – Trainspotting, Moulin Rouge!) si presenta dal fratellastro Ray (Ethan Hawke – Prima dell’alba, Gattaca. La porta dell'universo) dopo cinque anni di totale lontananza. Nonostante la riluttanza di quest’ultimo, partono insieme per organizzare e seguire il funerale, che si rivela fin da subito ricco di insospettabili sorprese.
Sarà anche l’occasione per fare nuove conoscenze, soprattutto con Lucia (Maribel Verdù – Y tu mama también, Tetro), una donna che ha condiviso un lungo rapporto con il defunto, e Kiera (Sophie Okonedo – Hotel Rwanda, Piccoli affari sporchi), un’infermiera che lo ha accudito quando la malattia non gli concedeva tregua.
Da questa esperienza usciranno diversi da com’erano in precedenza.
Prodotto da Alfonso Cuaron e distribuito direttamente su Apple Tv+, Raymond & Ray segna il passaggio del regista e sceneggiatore colombiano Rodrigo Garcia dall’universo femminile (Mother and child, Quattro buone giornate), ripetutamente scandagliato, a quello maschile.
Ciò avviene conservando la volontà/capacità di scavare nelle insenature dell’anima. Nella fattispecie, riapre i cassetti dei ricordi e descrive esistenze alla deriva, prende il calco della famiglia disfunzionale e sforna uno scompiglio ponderato, con rapporti tormentati che inquinano i comportamenti. Rilascia dettagli che definiscono i caratteri baricentrici, defunto compreso, e i legacci che li connettono, con nervi che tornano a scoprirsi e panni sporchi ancora da lavare, con le parole che prevalgono sui fatti.
In più, dosa il dramma (le problematiche sono assortite) e la commedia (pur evitando di sbraitare, alcuni addobbi strappano più di un sorriso) con un complessivo senso della misura, aggiunge tasselli di sostanziale importanza fino all’ultimo giro di pista, con una regia di servizio (vedi anche Albert Nobbs) che valorizza il suo fiore all’occhiello, ossia i due divi di cui dispone/gode che, metaforicamente parlando, indossano i panni dell’intimità con pertinente adesione.
Per inciso, Ewan McGregor (già al lavoro per il regista in Gli ultimi giorni nel deserto) ed Ethan Hawke si completano vicendevolmente insieme ai rispettivi personaggi, contrapponendo l’uomo fascinoso/sciupato all’introverso/sensibile, senza mai pestarsi i piedi, con un feeling invidiabile.
In definitiva, Raymond & Ray è un dramedy che emette sensazioni gradevoli, dislocando anfratti saporiti all’interno di una navigazione premurosa, che indica/suggerisce una via per ritrovarsi dopo tanto tempo, come non sia mai troppo tardi per ricominciare a vivere e vuotare il sacco per liberarsi di quei pesi che gravano sullo stomaco.
Tra cordoni ombelicali recisi e ricordi in fase di definizione, richieste assurde e pratiche da espletare, diagnosi e disquisizioni, scoperte e rancori, vulnerabilità e disillusioni, viaggi indesiderati e incursioni passeggere.
Agrodolce e ventilato.
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