A metà anni '50, nella cittadina di Asteroid City, così chiamata grazie al cratere che si formò nell'antichità come conseguenza della caduta di un piccolo asteroide, in grado tuttavia di produrre un solco di gigantesche dimensioni, mentre i visitatori si susseguono, e pure i passanti coinvolti ognuno da un proprio problema o cruccio personale, la discesa di una misteriosa astronave con un extraterrestre alto e magro di nero vestito (che assume i movimenti dinoccolati e lo sguardo ad occhio pallato irresistibile di Jeff Goldblum), induce l'esercito ad intervenire, bloccando tutti i presenti ed isolandoli tra le stradine di quella cittadina assolata quanto tranquilla.
Ci sarà chi tenta di fuggire, chi prova a raccontare ai propri figli una triste realtà fino a quel momento taciuta, chi proverà ad innamorarsi, chi ad irretire il proprio vicino di abitazione.
L'America è quella fiera, euforica ed orgogliosa che si vantava di non aver mai perso una guerra, ed il contesto si sviluppa tra i meandri di uno studio cinematografico allestito per l'occasione, in cui finta realtà nevrotica e finzione cinematografica si alternano attraverso personaggi recitanti, altri che fanno finta di essere se stessi raggiungendo con lo sguardo lo spettatore.
L'occasione è certo quella di imbastire nuovamente una scenografia dai colori meravigliosi che virano al pastello e propri di un mondo ovattato e magnifico che il cinema di Wes Anderson ha imparato ogni volta a rappresentarci con una precisione grafica e calligrafica che non smette di stupire.
La sceneggiatura invece, tratta da un soggetto nato dalla fantasia del regista assieme al fidato Roman Coppola, produttore di fiducia di Wes Anderson, figlio di Francis e fratello di Sofia, latita parecchio, riducendosi alla fine ad un mero presupposto per poter permettere al regista di sfogarsi nella rappresentazione di un mondo fantastico e visivamente stupefacente.
Anche stavolta il cast appare sontuoso, tra un Tom Hanks un po' smarrito nel ruolo del nonno che non sa né cosa dire, né tantomeno cosa fare una volta intrappolato nell'area interessata dalal visita degli ufo, una Scarlett Johansson che pare Jessica Rabbit, un divertente Bryan Cranston che non sa mai se sta invadendo l'inquadratura del film o se invece può intervenire per spiegare la fase di lavorazione del film.
E ancora l'affezionato e ricorrente Jason Schwartzman nel ruolo del padre vedovo che si appresta a chiarire la situazione ai quattro figli, Adrien Brody attore complessato, Matt Dillon meccanico un po' ottuso, un po' fatalista, e persino Margot Robbie che pare uscita per caso e coinvolta per ragioni di mera estetica.
Asteroid City è, più che mai, un concentrato di estetica e di esteriorità che conferma, da una parte, il talento visivo e scenografico di un grande autore, ma anche una certa tendenziale rilassatezza di script che perde sempre più consistenza a vantaggio di una forma di fatto sempre più affinata ed impeccabile.
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