Regia di Wes Anderson vedi scheda film
A metà anni ‘50 ad Asteroid City, piccola cittadina nel deserto, viene organizzato un convegno di astronomia dedicato alle scuole. Durante la manifestazione i presenti hanno un incontro con degli extraterrestri e per evitare una fuga di notizie, che potrebbero gettare nel panico la popolazione, l’esercito pone tutti i presenti in quarantena e gli proibisce di abbandonare la città.
Il Texano Wes Anderson, torna davanti la macchina da presa a un paio d’anni di distanza dal suo penultimo film (The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun; 2021) gettandoci, a suo modo, nel centro di una narrazione teatrale e surreale che prende il nome dal piccolo paese immaginario che fa da location a una vicenda dai tenui colori pastello che richiamano i quadri di Hopper, per via dell’ambientazione cittadina, fatta di pompe di benzina, drugstore e tavole calde, ma non le ambientazioni gelide e notturne.
Asteroid City è quindi una meta - narrazione in cui una voce fuori campo, impersonata dall’ex - Walter White: Bryan Cranston, s’intrufola nei colori pastello per riportare la narrazione a un più livido bianco e nero, favorendo, con le sue intrusioni, una precarietà narrativa perennemente in bilico fra le scelte di uno sceneggiatore e il suo desiderio di portare in scena la sua opera e come questa sia poi immaginata e resa in scena.
Di Anderson quest’ultima pellicola ha tutto, ogni suo stilema e marchio di fabbrica a iniziare dai discorsi verbosi e all’apparenza inutili, alle situazioni fuori luogo e ai limiti dell’assurdo a un cast imbottito di super star hollywoodiane desiderose di partecipare a una sua pellicola, si trattasse anche solo di poche pose. Presentato ancora una volta, come il suo predecessore, a Cannes, anche quest’ultima pellicola vale la pena d’essere vista ma solo se non ci si attenda l’Anderson dei primi film nei quali il dialogo surreale non era svuotato di significato, come in tal caso, ma ne era riempito per raggiungere un significato ‘più aulico’ . In tal caso invece Anderson sembra compiacersi delle sue scelte e delle palette di colori, non riuscendo però ad aggiungere molto alla sua parabola artistica.
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