Regia di Martin McDonagh vedi scheda film
Un altro film di McDonagh che travalica i confini di genere (si sorride amaro) per raccontarci tematiche universali con uno stile godibilissimo
Dopo "In Bruges" e "Tre manifesti a Iblings, Missouri" McDonagh prosegue le sue ricognizioni sul tema della com-passione o, al contrario, dell'indifferenza che sfocia in distacco, incomprensione, violenza. Non siamo più in Belgio o nelle sperdute praterie del centro America, ma in una remota isoletta del nord Irlanda, a cavallo tra le due guerre mondiali. La magnifica fotografia dipinge il contesto naturale come un eden (perduto). Come nel film precedente, una vicenda circoscritta nello spazio che si fa metafora di temi ben più universali. Non mi stupirebbe scoprire che il regista conosce o pratica il buddhismo: in ogni opera torna a ricordare che la radice di tutti i mali risiede nella mente dell'uomo e che le grandi guerre (mondiali o civili che siano, sulla terraferma infuriano le battaglie tra irlandesi del Nord e del Sud) partono da un bisogno d'amore frustrato, una tensione verso la completezza (emotiva nel personaggio di Farrell, artistica in quello di Gleeson).
Un altro film che travalica i confini di genere (si sorride amaro) per raccontarci tematiche universali con uno stile godibilissimo.
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