Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Dopo la complessità formale e contenutistica di un titolo difficile come La vita è un romanzo, Alain Resnais passa ad una storia totale che vive di sfumature, pause, silenzi. Eppure a convincere di più rispetto al film precedente è proprio la travolgente radicalità di questo film difficilmente incasellabile: un mèlo nero, un thriller intimo, un noir sentimentale. Buio perché tormentato, oscuro perché enigmatico, il film di Resnais è mistero puro come sa essere solo l’amore, inequivocabilmente legato alla morte perché totalità dei sentimenti. Su sceneggiatura di Jean Graualt, Resnais fa interagire tra loro due coppie antitetiche: l’una (Azéma e Arditi) esprimono l’amore assoluto, devastante, romantico; l’altra (Ardant e Dussolier) sono la repressione derivata da una visione ottusa della fede.
Le carte in tavola ad un certo punto cambiano, i caratteri (come in tutto il cinema del suo autore) non restano fissi, crescono, maturano come personaggi all’interno del racconto ma non come persone in quanto entità a sé. Ciò che rende particolare, ma anche ermetico, questo film irrequieto, sta in quell’intervallare continuamente l’azione con sfumature a nero, immagini scure o grigie, abitate talora da una neve che cade in maniera trapezoidale, quasi come se ci imbiancassero. E sottolineandone ulteriormente il rigore, c’è un movimento equilibrato sospeso sulle note di Henze che gli conferisce ritmo, nervosismo, tremore. Un quartetto d’interpreti accordatissimo che tornerà nel piccolo capolavoro di due anni dopo Mélo. La montatrice fa di cognome Proust.
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