Regia di Jirí Menzel vedi scheda film
Durante l'occupazione tedesca, alcuni ferrovieri lavorano (non molto, per la verità) in una stazioncina di campagna, e sognano donne che non ci sono e non ci stanno.
Io sono un estimatore del Menzel successivo, cioè da “Allodole sul filo” in poi, compresi gli anni '80 e '90, ma questa pellicola non mi convince appieno. L'ho vista due volte a distanza di anni, e quindi il mio verdetto è definitivo. Da una parte vedo la perizia cinematografica, che certamente non lascia a desiderare e fa vedere la mano di un grande regista; dall'altra non mi convincono i personaggi e l'andamento pigro della trama.
Il protagonista è un ragazzo immaturo e inetto, con uno sguardo un po' imbambolato, ma rimane indeterminato in certi suoi aspetti fondamentali, che andavano un po' chiariti (è eroismo o caso il suo comportamento nel finale?). La ragazza è carina e ammiccante, ma mi è riuscita antipatica perché sotto sotto si prende gioco di tutti: la madre, i colleghi, e forse anche il ragazzo a cui fa la corte. Non prende nulla e nessuno sul serio, e forse si considera superiore a tutti.
La scena del tentato suicidio, per la sua crudezza, la ritengo scompagnata al resto del film e fuori tema, e mi domando perché Menzel la abbia voluta e l'abbia voluta così.
Infine, va rilevato che la pellicola trasuda desiderio sessuale in tantissime scene e dialoghi, esplicitamente e allusivamente. Di erotismo ce n'è poco, ma di smania di soddisfazione sessuale se ne ravvisa di continuo. Menzel, tra l'altro, interpreta la particina del medico libidinoso.
So bene che è considerato uno dei migliori film del regista cecoslovacco, ma io mi sento di affermare il contrario.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta