Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
La vita di Robert Oppenheimer, da giovane fisico che si distinse nella ricerca in ambito quantistico a direttore del progetto Manhattan, grazie al quale gli Stati Uniti svilupparono la bomba atomica. Luci e ombre di un personaggio dalle mille sfaccettature, che subì lunghe indagini da parte dei servizi segreti statunitensi a causa delle sue simpatie per i comunisti.
Banalizzare a questo modo una figura centrale della scienza del Novecento quale Robert Oppenheimer dovrebbe essere classificato come crimine; invece quello firmato da Christopher Nolan – regista, sceneggiatore (dalla biografia scritta da Kai Bird e Martin Sherwin) e produttore del lavoro – viene definito film e, addirittura, come tale riceve una valanga di Oscar dall'Academy. E la cosa più bizzarra in tutto ciò è che è difficile essere d'accordo con sia pure una sola delle sette statuette ricevute: miglior film americano, miglior regia (senza dubbio Nolan ha lasciato segni migliori di questo in passato), miglior protagonista un Cillian Murphy spesso e volentieri spaesato, estatico; miglior attore non protagonista Robert Downey Jr. in un ruolo francamente per nulla incisivo; miglior colonna sonora (sostanzialmente anonima), fotografia (l'alternanza di colore e bianco e nero dopo un po' causa labirintite allo spettatore) e perfino montaggio (innumerevoli le sequenze troncate a casaccio per far esplodere una bomba, peraltro a volume sordità, con il solo scopo di illustrare quanto raccontato – ma probabilmente anche di risvegliare il pubblico già partito verso il regno di Morfeo). Provocazioni a parte, Oppenheimer è decente come ricostruzione storica, ma tutto il resto è ampiamente discutibile: la vita dello scienziato intrisa di gossip (disgustosa, nel suo essere superflua e ostentata, la scena di sesso tra il protagonista e l'amante Jean nel bel mezzo della sala inchieste), la narrazione che incrocia spazio e tempo senza una linea logica fruibile dallo spettatore, la colossale durata – tre ore tonde – che rende il film lungo come due film normali. E, naturalmente, colpisce in negativo la finta retorica pacifista appena accennata che nasconde un atteggiamento di fondo smodatamente America-centrico (in sostanza: sì, è vero, abbiamo sterminato i civili giapponesi, ma vi rendete conto o no del pericolo del comunismo? Dicasi: fallacia, e per giunta ormai superata dalla storia; a meno che furbamente non si voglia puntare su una sorta di consequenzialità tra Stalin e Putin...). Grande lavoro di confezione, senz'altro effettuato con cura, ma inefficace da fin troppi punti di vista. 3,5/10.
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