Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Oppenheimer è un film potente. Questa è la prima frase che ho pronunciato alla fine della visione dell’ultima, maestosa, opera di Christopher Nolan. Sono giorni che mi gira in testa la storia di quest’uomo, prima ventenne, studente di fisica, laureato a Cambridge poi professore universitario a Göttingen e, dopo il suo ritorno negli Stati Uniti, anche a Berkeley e infine, nel 1942, responsabile del Progetto Manhattan per sviluppare la bomba atomica.
C’è tanto, davvero tanto in questo ultimo film targato Nolan. Tanto che però non risulta essere mai troppo. Nonostante la corposa durata (il film dura tre ore) e gli argomenti trattati, nessuno dei quali ha come caratteristica la “leggerezza”, la visione della pellicola non stanca mai. Siamo durante la seconda guerra mondiale, l’America si arma con l’atomica e sarà solo grazie allo sforzo di queste menti eccelse che si arriverà alla vittoria, se così si può chiamare, dell’ultimo conflitto mondiale che la storia ricordi.
Nolan si allontanata totalmente dai canoni caratteristici del suo cinema e decide di inscenare un racconto storico, articolato su due macro-linee temporali, nelle quali si intersecano altri momenti e numerosi protagonisti. Tralascia l’estremismo degli intrecci temporali, che tanto gli piacciono, e si concentra su una narrazione più concreta e lineare, necessaria per dare il giusto spazio e la consona descrizione ai numerosi protagonisti che si susseguono nella parte più complessa della vita di Oppenheimer.
Questo ne diviene infatti il punto di forza dell’intera pellicola; l’alternarsi di personaggi e il loro modo di intrecciarsi non solo con la storia di J. Robert Oppenheimer ma anche con le vicende che sono conseguite al lancio della bomba atomica prima, e alla presa di posizione politica dell’America poi nei confronti dell’uomo che divenne poi il capro espiatorio di un atto bellico che passerà alla storia come uno tra i più atroci e disumani di sempre.
Christopher Nolan ci parla infatti di fisica, di politica, di guerra e anche di umanità. Riflette negli occhi di Cillian Murphy, nei panni del protagonista, tutta l’angoscia che l’uomo si porta dentro quando prende coscienza delle tremende conseguenze che la sua opera di fisica ha prodotto. Ed è proprio addentandosi nei meandri più oscuri della mente e della coscienza umana, che Nolan offre lo spunto di riflessione migliore, insieme alla conferma, mai davvero necessaria, delle conseguenze a lungo termine che la scoperta e lo sfruttamento del nucleare e del suo potere incontrollabile.
L’ultima opera di Nolan è un film profondo e riflessivo. Mai scontato ne prevedibile, nonostante racconti un pezzo di storia ben noto; questo accade forse perché, in fin dei conti, si concentra su uno degli aspetti più celati e pertanto sconosciuti di quel noto periodo storico. Nolan che pur allontanandosi dalla genesi del suo modo di fare cinema, decide comunque di non tralasciare l’uso degli effetti speciali e il suo parsimonioso utilizzo.
Decide così di stupire, spettacolarizzando finanche uno strumento di morte. La prima prova esplosiva dell’ordigno atomico, il modo in cui Nolan decide di metterla in scena, in un crescendo di tensione, che esplode nel punto massimo e al contempo si silenzia, con lo scoppio dell’ordigno e l’apparizione del fungo ormai tristemente famoso, può essere definito uno dei più alti momenti di cinema, uno di quelli che si ricorderanno per molto tempo, per le sensazioni che lascia dentro e per le riflessioni che scatena. Sono piuttosto certa che, almeno stavolta, l’Academy potrebbe molto apprezzare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta