Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Con un mese di ritardo rispetto al resto del mondo, anche in Italia arriva finalmente Oppenheimer, l’ultima pellicola di Christopher Nolan che racconta, attraverso il suo maggiore protagonista, la corsa durante la Seconda Guerra Mondiale per battere sul tempo i nazisti nello sviluppo della bomba atomica.
Alla sua dodicesima pellicola, Nolan decide di adattare una delle “biografie” più discusse di Hollywood (American Prometheus: The Triumph and Tragedy di Kai Bird & Martin J. Sherwin, premio Pulitzer nel 2006) che racconta la storia, anche “privata” e personale, del fisico americano Julius Robert Oppenheimer, il “padre della Bomba Atomica” che sconvolse il mondo e definì un’epoca, ma al contempo anche eroe (e antieroe) di una specie di tragedia greca.
Un film non di facilissima fruizione ma anche maestoso e seducente, per molti aspetti diverso dalle solite produzioni nolaniane, Oppenheimer è un’opera complessa, a volte feroce o addirittura contradditoria, geniale e parimenti ingenua (si, è anche questo) sulla figura del famigerato (!?) direttore di quel Progetto Manhattan che portò alla creazione della prima bomba atomica che cambiò non solo la storia della Seconda Guerra Mondiale ma anche il mondo che conoscevamo.
Oppenheimer non è un classico biopic, non ne ha la forma e ne rifugge la linearità o il pedissequo racconto di fatti accaduti, trascurandone certe parti e/o romanzandone (riscrivendone?) altre, ma è piuttosto un puzzle di elementi, personaggi e avvenimenti che, spaziando da un piano temporale all’altro, cerca di comporre un mosaico che non comprende soltanto la figura di Oppenheimer ma anche i presupposti e le conseguenze di cui è stato responsabile, trasformandosi concettualmente da un film su una figura storicamente controversa, dalle mille sfaccettature, in una pellicola con un concetto più grande, enorme, forse (attuale?) importantissimo.
Perché la bomba atomica è nata dalle sue idee ma ha preso davvero vita attraverso il lavoro e le scelte di tantissime persone, tra scienziati, militari e politici, una miriade di personaggi con idee, interessi, intenzioni e ideali molto diversi tra loro e che stordiscono e confondono, a volte, ma che il film si propone di prendersi tutto il tempo necessario pur di riuscire a raccontarle (e non sempre riuscendoci).
Ecco, quindi, che il film ha una messa in scena quasi teatrale fino a rendere tale anche l’esplosione della bomba stessa (quella del test Trinity, non a caso l’unica che verrà mostrata nella pellicola), volutamente estetizzante e che punta allo stupore, alla catarsi immaginifica quasi a un livello concettuale. O esistenziale.
Le esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki non vengono mai mostrate ma i loro echi sono ovunque, concettualizzate nell’aria, nelle memorie delle persone (anche del pubblico). Ed evocando immagini e sogni. E incubi.
Ma Nolan non è più quello cervellotico e intricato di Tenet, per fortuna, ma sceglie comunque un approccio sbilenco, diviso tra un doppio binario temporale e il solito montaggio incrociato con un bianco e nero squisitamente oggettivo (la nuda cronaca?) che si alterna al colore che racconta invece quanto vissuto direttamente dal protagonista (e forse proprio per questo meno attendibile) dividendo idealmente la pellicola in tre segmenti (la sua storia accademica, il progetto Manhattan, il dopo guerra) raccontati in modo non lineare (ormai il suo marchio di fabbrica) e giocando con i generi per un racconto, seppur con qualche problema di ritmo in certi frammenti, poliedrico ed estremamente mutevole.
Ma la pellicola parla soprattutto di esseri umani mettendone al centro della scena le debolezze, i dubbi e quindi i sentimenti, senza troppi ricatti emotivi e facili scorciatoie (ma con tantissime parole), evitando di esprimere giudizi frettolosi (ma su Oppenheimer un giudizio comunque lo dà, e probabilmente era inevitabile) o evitando posizioni troppo manichee (ma, anche in questo caso, una posizione comunque la prende, e anche qui probabilmente era inevitabile), e raggiunge il suo culmine proprio quando si sofferma sull’intimità dei personaggi, sui dubbi e sui loro fantasmi personali, riflettendo anche sull’annosa questione di giusto e sbagliato.
Anche grazie a un cast sontuoso che verte principalmente sul protagonista, interpretato da un Cillian Murphy in grande spolvero, e sul suo principale antagonista, almeno nella pellicola, interpretato da uno straordinario Roberto Downey Jr. e il cui epico duello etico, politico e morale ricorda molto il confronto, anche perché le premesse sono le stesse, tra Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri nell'Amadeus di Miloš Forman, opera fondamentale, a detta dello stesso Nolan, per lo studio del personaggio fatta da Cillian Murphy.
Nolan racconta le cause di questo profondo risentimento e orchestra lo scontro tra queste due personalità del mondo scientifico che si consuma esclusivamente in aule di tribunali et simili, e attraverso documenti, carte bollate, memorandum, dichiarazioni e lettere o per anteposte persone (a fare il lavoro di altri) ma mai direttamente, faccia a faccia l’uno contro l’altro, nonostante le ricadute di un tale confronto abbiano ripercussione fondamentali per il futuro dell’intero pianeta.
A dimostrazione che è anche (soprattutto?) con le parole (e le menzogne?) che si combattono le guerre. E le si vincono o perdono.
Nello spropositato cast figurano poi anche un'intensa e commovente Florence Pugh, protagonista di una travagliata storia d’amore con Oppenheimer, e un’introspettiva Emily Blunt, che nonostante il piccolo ruolo dimostra ancora una volta tutto il suo talento, a cui seguono Matt Damon e, in ruoli minori o in semplici camei, Josh Hartnett, Kenneth Branagh, Tom Conti, Dylan Arnold, Benny Safdie, Devon Bostick, Dane DeHaan, Casey Affleck, Jason Clarke, Alden Ehrenreich, David Krumholtz, Rami Malek, Scott Grimes, Tony Goldwyn e altri.. e altri ancora (e c’è anche un cross-over, a questo punto non credo involontario, con la serie TV Manhattan grazie all’attore e regista Christopher Denham che interpreta, anche nel film di Nolan, praticamente lo stesso personaggio).
Ma non possiamo assolutamente dimenticarci soprattutto di Gary Oldman nel ruolo del Presidente Truman in un semplicissimo cameo (e che richiama, secondo me volutamente, la sua iconica interpretazione del primo Ministro Inglese Winston Churchill in L’ora più buia) ma, secondo me, fondamentale, importantissima grazie al quale Nolan rivela, almeno in parte, la sua opinione su Oppenheimer, direttamente responsabile della creazione della bomba e del test di Trinity ma non delle bombe di Hiroshima e Nagasaki (ed ecco perché nel film non vengono mostrate, scegliendo di non collegarle “direttamente”, visivamente, a Oppenheimer), affidandone invece le responsabilità (la colpa?) sulla Presidenza americana e all’apparato burocratico, politico, militare che rappresenta.
Una “assoluzione”, almeno in parte, che a Oppenheimer avrebbe sicuramente fatto piacere ma, comunque, alla fine sarà sempre e comunque la Storia, quella con la S maiuscola, a dare il suo giudizio finale sul padre dell’Atomica.
P.s. Oppenheimer, nonostante il suo innegabile genio, la creazione della bomba atomica e i suoi sorprendenti e innovativi studi sui buchi neri, non vinse mai il premio Nobel. Chissà mai perché.
VOTO: 8
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