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Oppenheimer

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Oppenheimer

di Antisistema
10 stelle

Il fuoco rubato agli dei, ha condannato il ladro Prometeo ad una tortura eterna, ma ha permesso all'umanità di uscire dallo stato di barbarie e di competizione con i predatori forti dell'ecosistema, consentendole di dominare il pianeta, in quanto specie dominante.

Nessuna invenzione successiva ha mai eguagliato l'impatto del fuoco; l'archè di tutte le cose secondo il filosofo Eraclito, quel divenire la cui applicazione in vari altri campi, ha consentito di rivolgerne il potere distruttivo contro altri esseri umani. 
Polvere da sparo, armi da fuoco, cannoni ed infine le bombe. Dal piccolo al grande, sino all'inconcepibile. La ricerca di una sempre maggior potenza distruttiva, ricercata come risolutiva di ogni conflitto bellico, infine giunse a lei, il cui nome fa tremare anche il pensiero, la cui parola è un tabù; la bomba atomica. 
Robert J. Oppenheimer (Cillian Murphy), creò l'ordigno il cui duplice uso su Hiroshima e Nagasaki, fu abbastanza per non usarlo mai più in futuro. Quel fungo apocalittico, s'impresse nelle foto e nei video per le generazioni, ma la sua portata devastante, non servì a mettere fine ad ogni guerra. I conflitti di fatto sono proseguiti, in chiave locale o per procura delle grandi potenze.

Oppenheimer, attraverso i suoi occhi costantemente rivolti in avanti, verso quell'infinito inaccessibile a chi non ragiona secondo la fisica quantistica, ha dimenticato di porgere lo sguardo attorno, come invece fecero Einstein (Tom Conti) e Bohr (Kenneth Branagh), comprendendone sin da subito l'impossibilità di controllare la potenza di questo nuovo potere. 
La teoria non basta a spiegare tutto, perché poi serve la pratica. Proprio quest'ultima componente, risulta cieca alla vista di Oppenheimer, incapace di capire come tutta quell'organizzazione da lui creata tramite il progetto Manhattan, i due miliardi spesi, gli oltre tre anni di lavoro, non potessero limitarsi ad una formulazione mentale, senza lo sfruttamento da parte delle autorità politico-militari. 
Murphy aderisce al proprio personaggio, con trucco adeguato ed una pettinata di capelli giusta, sulla scia del miglior Gian Maria Volonté in materia di interpretazioni di personaggi storici; inebriandosi in una prova recitativa in cui fa scorrere nelle sue vene l’ Ubersmensch nietzschiano, tramite gestualità ed azioni, che ne fissano la complessità, nell’eternità neutrale propria dell’essenza di Dio, ma nonostante ciò, gli basta dismettere i panni della divisa militare a favore di quelli da fisico, - radunando nei suoi panni di supereroe gli Avengers/Fisici, per poter sconfiggere un nemico nazista potentissimo -, credendo così di essere al di sopra delle passioni e dei sentimenti umani.
Nulla di più errato, perché prima di tutto è la regia di Nolan a smontarne ogni pretesa trascendente, plasmando la narrazione attraverso tre fasi temporali, con distinta tonalità cromatica, dove il bianco e nero rappresenta la componente oggettiva, quella "storica", ma volendo anche la contrapposizione a blocchi della guerra fredda USA/URSS, quindi politica; mentre il colore aderisce alla realtà secondo la percezione personale di Oppenheimer, che coincide solo in parte fattualmente con gli avvenimenti, oggetto di interpretazione personale. In ciò emergono le complessità di un uomo, capace di scomporre la realtà in particelle di protoni, neutroni e neutrini, in costante movimento di aggregazione e disaggregazione, colonizzando lo spazio di una nuova frontiera nella quale si erge a nuovo pioniere sterminatore, nell'atto di contemplare la propria creazione distruttrice, dove il cinema mostra la sua inquietante potenza spettacolare.
I due processi fondamentali della reazione nucleare, la “Fissione” e la "Fusione”, sono i due termini fisici adoperati da Christopher Nolan in apertura di film, diventando i punti cardini da cui decriptare la visione etico-civile del regista.
Una lettura da farsi in un’ottica necessariamente umanistica, come suggeritaci dallo stile colorimetrico e dal montaggio incalzante, veloce e frammentato adoperato, dove le immagini arrivano sempre prima delle onnipresenti sonorità incessanti di Goransoon, precedendo sempre la teoria delle parole in costante ritardo, dalle azioni di una mente ellittica e flessibile.

 

Cillian Murphy

Oppenheimer (2023): Cillian Murphy


La fissione, implica il decadimento di un nucleo atomico pesante, in quelli di minor massa, emettendo grande energia che serve a detonare l’ordigno; assecondando l’istinto più bestiale, ferino e distruttivo della natura umana.
Una strada senza ritorno sotto ogni punto di vista, nonché quella che nel pessimismo antropologico del cineasta pare attendere l’homo sapiens - come del resto lo fu Kubrick nella sua geniale satira sull’argomento, in cui andò oltre prevedendo un eterno ciclo di accumulo e distruzione -, la specie più evoluta mai esistita e al contempo anche la più stupida e capace di creare le armi per far estinguere sé stessa. Un eterno gioco al rialzo verso l'incontrollabile potere divino, assecondando le paranoie politiche di dominio globale, di politici come Strauss (Robert Downey Jr.) e del presidente Truman (Gary Oldman) - un grottesco utile idiota guerrafondaio e ultra-reazionario -, oppure da fisici a-morali come Miles Teller (Bennie Safdie), padre di un'altra super arma di distruzione di massa; la bomba all’idrogeno.
Un'altra via da seguire, potrebbe essere non trascendere la propria condizione giocando il ruolo di Dio-creatore, ma arrivando all’essenza tramite la ragione, in un percorso di fusione, in cui più nuclei atomici si uniscono tra loro, formando un nuovo elemento chimico; la strada del dialogo con l’altro e della deterrenza, non come sinistra minaccia ad un tentativo di conflitto, ma di un passo indietro, in cui si tenda la mano all’altro, facendogli comprendere come non vi sia alcuno scontro da temere.
L’inenarrabile cagionato dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, con le centinaia di migliaia di morti orribili, nel rumoroso, ma rispettoso silenzio della macchina da presa di Nolan, impone quantomeno di provare a seguire tale strada, eppure Oppenheimer, non sembrerebbe l’individuo giusto per farsi carico di tale battaglia.

Il regista disvela tutte le ambiguità di fondo di un personaggio, che nascondendosi dietro la pura teoria, ha posto una spada di Damocle, sulla testa di ogni persona, per non voler tacere della vita affettiva alquanto travagliata, tra la giovane comunista passionaria Tatlok (Florence Pugh), con sui si rispecchia nudo nell’altra senza alcuna sovrastruttura a sua protezione, e la problematica moglie Kitty (Emily Blunt), stretta in un ruolo, che disvela un’inaspettata complessità innanzi alla commissione d’indagine, stendendo i becchini pronti a banchettare sul corpo del marito.
L’ oltreuomo di Nolan, ha tutte le problematiche dell’essere umano del XXI secolo, privo di certezze ed appigli solidi. Impossibilitato ad una trascendenza, in quanto fatto anche lui di carne e sangue, da cui scintilla una coscienza morale sulle responsabilità. Quelle parole giunte in ritardo, disvelano nelle carte e nelle registrazioni, innanzi alla commissione sull’attività politica di Oppenheimer, il ritratto di un uomo ambiguo e contraddittorio.

Una figura poliforme, le cui complessità, si riverberano nel complesso magma di sospetti, sfiducia, alleanze ed inimicizie della prima fase della guerra fredda, all'insegna di una visione totalizzante nella complessità delle vicende, dove però Nolan ha abbandonato la volontà di stupire tramite i giochi tecnici di prestigio ed inganno - concedendoselo brevemente con il personaggio di Bohr -, conclusioni basate su un congegno roteanti o meno, così come di astratte impalcature metafisiche, in un formalismo scompositivo forse superfluo.
Nolan è giunto alla propria maturità artistica, dove da demiurgo costruisce una serie di spunti, riflessioni profonde e analogie, nelle immagini plasmate da un montaggio magmatico, che prende schemi classici per innestarvi il post-moderno, facendosi regista/uomo come tutti gli altri personaggi, ma con un suo chiaro punto di vista etico, chiudendo l’opera in un cerchio geometrico perfetto.

 

Robert Downey jr.

Oppenheimer (2023): Robert Downey jr.

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori: //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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