Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Solido e denso thriller storico-politico-introspettivo fondato sulla paradossale parabola del “padre della bomba atomica” che crea distruzione. Affascinante a livello formale e narrativo, il film riflette sull’ambiguo rapporto tra Scienza, Etica e Potere mediante un Oppenheimer roso da rimorsi e in cerca di redenzione. Umano e lacerante. Voto: 8.75
«Albert, quando sono venuto da te con quei calcoli,
abbiamo pensato di poter avviare una reazione
a catena che avrebbe distrutto il mondo intero»,
«Me lo ricordo bene. Allora?»,
«Credo che sia accaduto».
Solido e denso film storico-politico, biopic rigoroso e introspettivo, fondato sulla paradossale vicenda del “padre della bomba atomica” che, nel tentativo di salvare l’avvenire del genere umano, collabora all’invenzione di uno strumento capace di distruggerlo per sempre; comprendendo di aver fallito proprio nel momento in cui aveva portato a termine il progetto più immenso.
“FISSIONE” – ANALISI CRITICA E VALUTATIVA DEL FILM
Basandosi sulla dettagliata biografia di Kai Bird e Martin J. Sherwin (“American Prometheus: The Triumph and Tragedy” – Premio Pulitzer nel 2006), Nolan intreccia tre linee temporali orizzontali (la scienza, il Potere, la redenzione) e due blocchi verticali, due macro-blocchi narrativi, due periodi storici, quello anteriore e quello successivo allo sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, a manifestazione di un nuovo ordine mondiale.
Il primo segmento, intitolato “Fissione”, si concentra sul test Trinity e l’invenzione vera e propria della prima bomba atomica; il secondo segmento invece è intitolato “Fusione”, e riguarda gli effetti che questa invenzione, ma soprattutto il suo utilizzo durante il secondo conflitto mondiale, ha comportato nelle manovre di governi e Poteri, analizzandoli attraverso il focus sulle parti processuali che hanno messo sotto inchiesta lo scienziato Oppenheimer. Uno scienziato che, dopo aver contribuito a inventare la famigerata bomba, si è opposto allo sviluppo di nuove armi nucleari ulteriormente più potenti e distruttive.
E’ nella prima linea temporale che si avverte tutta la potenza dirompente e notevole delle immagini del regista, un Nolan che non giudica il suo protagonista e che rifiuta di fare agiografia o di rispettare i codici del tradizionale genere biografico. Nolan scompone e ricompone a livello narrativo, temporale, tematico. Rompe ogni linearità d’azione, non assolve e non condanna, cerca solo di comprendere, mettendosi persino nei panni del suo protagonista (anche narrativamente: ha scritto la sceneggiatura in prima persona, come se raccontato dal punto di vista di Oppenheimer, provando a guardare il tutto attraverso gli occhi dello scienziato – cosa ammessa proprio dal regista stesso in alcune sue interviste), e alterna non soltanto passaggi dal colore al bianco e nero (il primo segna la “soggettività” del protagonista, il secondo “l’oggettività” storica), ma mescola anche punti di vista differenti, angolazioni e momenti cruciali, avvenimenti e frasi, e soprattutto la loro effettiva interpretazione (per molti personaggi coinvolti nella vicenda storica, l’interpretabilità di azioni e frasi non sempre è stata immediata e/o corretta).
Quest’ultima, soprattutto quando è risultata incerta o mai univoca, ha avuto un ruolo centrale all’interno di scenari mediatici, putiferi politici e processuali, ma anche di strategie e decisioni critiche ed epocali.
Lo stile sposa il movimento frenetico, vorticoso e travolgente di azioni, sensazioni e pensieri; ripropone il volto ambivalente del successo fuso al fallimento; registra stati d’animo sconvolti; solca le strade percorse da passioni e ambizioni, sentimenti ed emozioni; trasmette tutta l’atmosfera tesa e opprimente del periodo, quello della Seconda Guerra Mondiale e del Maccartismo. Cerca di dare un ordine al caos, e, in attesa dell’epilogo rivelatore, indaga in fatti e coscienze.
Ma lo fa tenendo sempre presente il lato umano, sottolineato nei suoi aspetti più nobili e più deplorevoli.
Sotto questa lente, l’opera si focalizza sulla figura complessa, sfuggente e ambigua del protagonista; brillante studioso disposto a tutto per la Scienza ma anche anima lacerata da dubbi e dilemmi morali, ambizioso ma anche egocentrico e vanitoso, che non ha mai rinnegato quel che ha fatto e i motivi per cui lo ha fatto ma anche uomo dilaniato ed inquieto messo di fronte alle sue responsabilità e lasciato solo di fronte al (caos del)la Storia e al conflitto degli uomini.
Lo stile filmico, in sé elegante e molto curato, come al solito, ben si sposa qui (ancor di più che in precedenza) con la complessità e la portata umanista dell’argomento trattato.
La densità dettagliata e stratificata della materia narrata dalla pellicola garantisce l’aderenza emotiva dello spettatore; costui viene travolto in modo magnetico da immagini immersive e dialoghi (eccessivi ma scorrevoli), da atmosfere sospese e a tratti liriche o oniriche, musiche e ritmo tensivi (oltre alla regia e agli attori, sono di ottima qualità anche scenografia, fotografia, montaggio e colonna sonora).
Robert Oppenheimer, interpretato da un convincente Cillian Murphy (ma anche il resto del cast – tra i quali Emily Blunt, Robert Downey Jr., Matt Damon, Kenneth Branagh – è molto funzionale, considerevole), diventa sempre più in bianco e nero, roso dal rimorso e in cerca di redenzione («adesso sono diventato morte, il distruttore di mondi»), e, chiudendo gli occhi si e ci interroga urgentemente sul nostro presente («i fisici hanno conosciuto il peccato e da questa consapevolezza non potranno mai liberarsi»).
Affascinante e raffinato a livello formale e narrativo, il film riflette in modo chiaro, preciso e lucido sull’ambiguo rapporto tra Scienza, Etica, Potere e manipolazione di informazioni.
La sceneggiatura, molto interessata all'analisi intimistica dei personaggi, mette l’accento sull’inevitabilità del fatto storico (l'invenzione della prima bomba atomica nell'ambito del “Progetto Manhattan” al fine di far cessare il secondo conflitto mondiale), senza tuttavia negare che abbia cambiato per sempre gli equilibri del mondo e persino la reputazione morale degli Stati Uniti (dopo il successo del test Trinity, il presidente Harry S. Truman – interpretato qui da un incisivo Gary Oldman – ordina di usare la bomba atomica costringendo il Giappone alla resa).
Nella prima parte il film sembra una sinfonia visiva (decisivo in tal senso l’uso degli effetti speciali soprattutto non digitali e lo scopo dell’utilizzo della pellicola 70mm IMAX, soprattutto nella messa in immagini del processo di disarticolazione della materia in pura radiazione elettromagnetica e particelle di luce).
Nella seconda invece si fa più cupa e tormentata proprio come l’animo e la coscienza del protagonista quando si pronuncia contro ulteriori ricerche nucleari, in particolare sulla bomba all'idrogeno proposta da Teller, e viene accusato di frequentazioni con il partito comunista americano (ed è dove compare anche Lewis Strauss interpretato da Robert Downey Jr., Presidente della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti, coinvolto nell’inchiesta sui suoi rapporti con Oppenheimer e su presunte manipolazioni di informazioni per meri fini personali).
Il dodicesimo lungometraggio di Nolan comporta una lunga metabolizzazione, riflessioni e analisi.
L'operazione stilistica conferma l'approccio “oggettivo” dell'autore e il suo intento di coinvolgere e stimolare a fondo lo spettatore, soprattutto a livello intellettivo, mediante dubbi, domande, ipotesi e chiarimenti. “Oppenheimer” per la sua rilevanza è un film da vedere con animo predisposto e concentrato.
Molti spettatori sono rimasti delusi e annoiati, trovandolo freddo e “pesante”. Seppur legittimo a livello soggettivo e probabilmente a livello filmico un po’ è così, bisogna anche comprendere che l’opera non è di facile portata, per questo richiede un approccio di alta attenzione (durante e dopo la visione) e anche più di una visione. E’ vero, mancano le intense emozioni, non sono tanti i momenti pregni di pathos, e tutto è molto cerebrale; ma fa parte dello stile di regia di Nolan, e, nel bene e nel male, che piaccia o meno, ben si unisce con l’intento di puntare tutto sulla riflessione piuttosto che sul coinvolgimento emotivo dello spettatore. Una scelta comunque dettata dalla profondità e complessità delle tematiche trattate.
Non tutto è perfetto (vedi alcuni squilibri; le parti non sempre ben amalgamate tra loro; alcuni dialoghi, fatti e nomi non sempre chiari per lo spettatore che rischia di perdersi nello schema narrativo labirintico di Nolan; il suo essere tanto dialogato ai limiti del verboso; la sensazione che lo stile di tempo incrociato risulti meno efficace e giustificato rispetto al passato; ecc.), ma in definitiva rimane un film efficace, ambizioso e molto riuscito nella carriera di Nolan.
Come dichiarato anche da Paul Schrader, l’ultima ricca e potente opera di Nolan è il film più interessante, significativo, importante e urgente per il XXI secolo, assolutamente da non perdere e da vedere soprattutto sul grande schermo del cinema.
“FUSIONE” – ANALISI TESTUALE DEL FILM
Come riuscire a decifrare il mistero della realtà, il mistero della Natura (anche umana)? Come riuscir a sondare l’invisibile, il nascosto; a decifrare ciò che appare indecifrabile?
L’impenetrabilità della realtà materiale (come manifestazione di una natura invisibile, ovvero la vera natura delle cose) da parte dell’intelletto umano, e di riflesso dell’immagine cinematografica, è il fulcro essenziale dell’ultima grandiosa pellicola di Nolan.
L’avvicinamento dell’uomo alla verità di questa natura invisibile, soprattutto dal punto di vista della fisica quantistica, è diventata ossessione (spesso auto-distruttiva), ma anche effettiva realizzazione nelle menti dei grandi geni del 1900 (da Einstein a Fermi) e nelle mani di scienziati brillanti che, come il protagonista di quest’opera filmica, Julius Robert Oppenheimer, hanno scalfito un po’ di più il muro della materialità per approdare a conquiste e invenzioni scientifiche potenzialmente utili e/o devastanti per il genere umano.
Attraverso lo studio psicologico del suo controverso e sfaccettato protagonista, Nolan cerca di dare immagine concreta ad una parte di quel che è invisibile ai nostri occhi, ma anche corpo all’im-materialità, all’ambiguità, al paradosso, e a quel che è nascosto dietro le apparenze o dentro cose, fatti e persone; a ciò che in sostanza implode o esplode, si frantuma o si fonde inesorabilmente all’interno di animi, coscienze, avvenimenti.
Il protagonista è il pioniere che ha saputo penetrare i segreti della materia fisica per conferire al mondo un potere di proporzioni impensabili; un novello Prometeo, un uomo che, per portare sulla Terra la prima bomba atomica si eleva a Dio, divenendo il volto di un mondo terrificante e ambiguo che per poter progredire “è costretto” a oltrepassare e trascendere la volontà (propria e di terzi) e i limiti del genere umano. Come manifestazione allegorica di questo mondo deve farsi ammirare e opprimere da quest’ultimo, al solo fine di coinvolgerlo in un destino di mutamenti e avanzamenti radicali.
Purtroppo anche apparenti e illusori.
Era veramente necessaria l’invenzione e/o l’uso della bomba atomica? Un nobile fine può giustificare atroci mezzi? L'aspirazione alla libertà e alla pace tra i popoli può realizzarsi al costo di vite innocenti?
Il protagonista e la bomba atomica si rivelano e si specchiano allora nella stessa atroce, inquietante ambivalenza. Qualcosa di euforico e terrificante al tempo stesso.
Oppenheimer si eleva a Dio, ma non è Dio, e in quanto umano subisce l’onda d’urto esistenziale di quel che ha contribuito ad inventare, gli effetti laceranti di quell’invenzione.
Lui è inventore a sua volta "divorato"/devastato interiormente dalla propria invenzione e dagli effetti ad essa collegati.
La detonazione della bomba atomica avviene dentro la sua anima prima ancora che fuori…
Questa metafora concettuale è il presupposto su cui Nolan innesta il conflitto alla radice del film: l’accesso alle “doti divine” in contrasto con i limiti della natura umana.
Un contrasto usato come elemento narrativo (Lewis Strauss contro Oppenheimer), ma anche come condizione intima del protagonista.
L'ambiguità umana di Oppenheimer e lo smarrimento emotivo che ne consegue, diventa allora la corrente di inquietudine che attraversa anche altri tipi di smarrimenti: quelli pubblici e privati, quelli storici e politici, quelli scientifici e morali. Ogni loro atomo riflette la complessità e la relatività di un mondo incapace di ri-conoscersi. Tutto è il risultato di una prolungata reazione a catena che ha provocato qualcosa di inarrestabile a livello fisico e umano, la stessa che si ritorcerà contro il brillante scienziato e che lo costringerà a portare su di sé il peso di ciò che ha realizzato, portandolo alle udienze di sicurezza e alla revoca della sua autorizzazione governativa.
Nello smarrimento del protagonista che “ha dato fuoco all’atmosfera” si riflette inoltre quello di un Paese, gli USA, che, dopo aver guidato la lotta contro Nazismo e Comunismo, vede incrinarsi la dicotomia manichea su cui aveva attivato la propria ambita grandezza; resta invischiata nei dilemmi legati all’essere umano, al suo rapporto col potere e i tentativi di giustificarne contraddizioni, ingiustizie e difetti. L’utilitarismo imposto a scapito della popolazione giapponese e il corto-circuito etico conseguenziale, rompono presunte certezze e, nella seconda parte del film, avviano il muto calvario giudiziario ai danni di Oppenheimer; passano poi per il veloce e quasi impercettibile dialogo tra quest’ultimo e Albert Einstein; e approdano alla fine alle più atroci e laceranti consapevolezze, tra cui quella più dolorosa, e cioè il peso delle proprie responsabilità, ma anche quella più tragica sulla Natura umana.
Natura umana capace di creare/rsi e distruggere/rsi al contempo…
Proprio come farebbe una bomba atomica, che tutto investe nella propria onda d’urto, a restare vittima di quest’esplosione esistenziale è il genere umano. Se i suoni roboanti legati alla bomba sono sottratti della propria intensità, e le loro relative immagini lasciate in fuori campo, è solo perché Nolan vuole esprimere l’implosione di emotività devastate e fin troppo umane di coloro che hanno preso parte alla visione e alla realizzazione dell’orrore. Un orrore portato per sempre e ovunque dentro di sé come un incubo, un fantasma. «Più grande è la stella, più drammatica è la sua fine», afferma il protagonista.
J. Robert Oppenheimer, da tanto celebrato come “inventore della bomba atomica”, passerà all’essere stritolato ed emarginato/abbandonato dal Potere, dalla famiglia, dalle relazioni con il resto della comunità scientifica.
Il periodo prima e quello successivo all’esplosione delle due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, convergono così nel finale del film in un unico momento, quello della consapevolezza del peso delle proprie responsabilità.
Il cerchio si chiude (o resta aperto), lo sguardo che all’inizio del film andava oltre la materia, ora va oltre il Tempo e sembra ancora osservare l’in-immaginabile, prospettandoci in modo inquietante (soprattutto oggi…) l’invito alla perenne riflessione su quel che è accaduto e sul deterrente nucleare che si possiede, potenziale e pericoloso sinonimo di mera distruzione e morte generale.
“Oppenheimer”, seppur ostica e difficile da metabolizzare, rimane un trattato sull'origine del mondo contemporaneo, un'esperienza cinematografica maestosa capace di affascinare grazie a scene dal forte impatto visivo e sonoro, ma anche di suscitare intensa inquietudine e angoscia per ciò che viene narrato.
CURIOSITA’:
1) “Oppenheimer”, come film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, è quello ad aver incassato di più nella storia del cinema.
2) Per la prima volta in assoluto una pellicola in bianco e nero è stata utilizzata in una cinepresa IMAX per girare determinate scene. E’ il sesto film di Nolan ad essere girato in IMAX 70mm dopo “Il cavaliere oscuro”, “Il cavaliere oscuro – Il ritorno”, “Interstellar” , “Dunkirk” e “TeneT”.
3) Questa è la sesta collaborazione tra Cillian Murphy e Christopher Nolan, ma è la prima volta che Cillian Murphy interpreta il ruolo del protagonista.
4) Il film ha ottenuto numerosi riconoscimenti durante l’Awards Season. L’elenco è vasto, ma si vuol ricordare qui almeno quelli più importanti: 7 premi Oscar (film, regia, attore protagonista, attore non protagonista, montaggio, fotografia, musica) su ben 13 nomination (film dell’anno, regista, attore protagonista, attrice non protagonista, attore non protagonista, sceneggiatura non originale, montaggio, fotografia, colonna sonora, scenografia, costumi, suono e trucco). 8 candidature e vinto 5 Golden Globes, 13 candidature e vinto 7 BAFTA, 13 candidature e vinto 8 Critics’ Choice Movie Awards.
Inoltre, ha ricevuto un DGA Award alla regia, un PGA Award, 3 Screen Actors Guild Awards, e una candidatura ai WGA.
Per l’elenco completo dei premi, si rimanda a questa esauriente lista .
VOTO (in decimi): 8.50 / 8.75
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