Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Un grande Ermanno Olmi, nell'Olimpo del nostro cinema.
Il 7 maggio 2017 Rai Storia omaggia il grandissimo Ermanno Olmi, morto nella stessa data, trasfettendo "I recuperanti".
Mai canale fu più corretto per celebrare la perdita (tra le tante che nell'ultimo periodo hanno colpito il mondo del cinema) di un grande regista, che ha fatto la storia del cinema italiano. Ermanno Olmi fece parte di una generazione di registi davvero fenomenale, che rese il nostro cinema ancora più grande di quanto in realtà non lo fosse.
Non era facile prendere il posto del neoralismo, che con l'arrivo del boom economico cessò in gran parte di esistere, e nemmeno dei grandi padri del cinema di quel magnifico periodo: De Sica, Rossellini, Visconti e molti altri. Ma la generazione di Olmi ci riuscì alla grande, non venendo sminuita dal confronto.
Ed è così che oggi ci lascia un grande pezzo del nostro cinema, un regista capace di saper veicolare emozioni e pensieri all'interno dei suoi film, legato profondamente alla terra in cui era nato. Proprio per grazie al legame con la sua terra, Olmi è stato in grado di girare film come "L'albero degli zoccoli" e, appunto, "I recuperanti".
Ambientato nel 1945, nell'altopiano dell'Assiago, Gianni torna nel suo paese dopo anni di prigionia in Russia. La guerra è appena finita, e già dalla prima immagine Olmi ci fa notare la difficoltà che la popolazione ha nell'ambientarsi nuovamente a quel clima di pace e serenità, dove ancora persiste la tensione e la paura che la guerra scoppi nuovamente e porti con se tante altre giovani vite.
Gianni trova tutto diverso, venendo a conoscenza che il fratello minore si sta spostando in Australia per cercare lavoro, cosa che in un'Italia ancora scossa dalla guerra appena finita resta una lontana utopia. Possiamo notare già un grande cambiamento rispetto alle storie del neorealismo: se i registi di quest'ultimo preferivano concentrarsi sulla situazione nelle grandi città, Roma e Milano in particolare, una visione di posti sperduti e lontani dai centri è nuova, ci permette di creare nuovi spunti di riflessioni veramente interessanti. Il lavoro totalmente assente in quelle zone sperdute, viene rimpiazzato da un'attività clandestina e rischiosa, che dà il nome di "Recuperanti" a coloro che la svolgono. Il loro lavoro consiste nel recuperare le bombe e le munizioni che durante le guerre, soprattutto la prima guerra mondiale, sono rimaste inesplose nelle interminabili valli che circondano il paese di Gianni. Così, a tratti rimembrando nello spettatore le avventure dei trio della Sierra Madre partito per guadagnare grazie all'oro della montagna (che in questo caso sono le bombe), Gianni e il suo compagno, il vecchio Vu, interpretato anche esso, così come Gianni, da un attore non professionista, si lanciano alla sprezzante e temeraria ricerca del tesoro nascosto. Dopo i primi successi, un evento brutale segnerà entrambi, ma sarà Gianni ad abbandonare la società, preferendo un lavoro fisso, anche se, come lo definisce il vecchio Vu, da schiavo.
Una visione bucolica in un periodo cruciale della storia del nostro paese. Concentrandosi sulle semisconosciute valli, Olmi dà la visione di una natura pacifica, in cui le tribolanti emozioni dell'uomo faranno fatica a riconoscersi. Quest'ultimo, nel pieno processo di rinascita industriale, vede come suo rivale le meccaniche, per anni simbolo di dolore e morti, nel film rappresentate da il cerca oggetti e le stesse bombe, dalle quali dovrebbero fuggire, ma che in realtà sono l'unica possibilità che hanno per poter sopravvivere.
Non finiremo mai di ringraziare Olmi, un regista che ci ha sempre fornito le sue idee e la sua versione del mondo.
"La creazione del mondo è una giornata qualsiasi" proprio come quella in cui ci ha lasciato questo grande artista italiano, simbolo, e mi piace ricordarlo ancora una volta, del nostro grande cinema.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta