Regia di Alejandro Jodorowsky vedi scheda film
El Topo (Alejandro Jodorowsky) è un pistolero completamente vestito di nero, con barba e capelli lunghi, assai silenzioso, che vaga per il deserto messicano a cavallo portando con sé il figlioletto. Giungendo ad un villaggio che è appena stato il teatro di un orrendo eccidio, scopre che è stata una banda capitanata da un personaggio noto come Il Colonnello a compiere quella strage e, una volta trovatala intenta a torturare un gruppo di monaci e una giovane donna senza nome, riesce ad ucciderne tutti i componenti, per poi abbandonare il figlio perché venga educato dai monaci e fuggire con la donna, che ribattezza Mara, e un'altra misteriosa donna vestita di nero dalla voce maschile.
Mara convince con qualche fatica El Topo a cimentarsi con i quattro pistoleri definiti "maestri" del deserto; vince tutti i duelli con un trucco o aiutato dalla fortuna, ma quando viene tradito e ferito da Mara sembra aprirsi per lui la via della redenzione.
Infatti, raccolto e curato da una strana popolazione di freaks che vive segregata in una caverna e che lo venera fino al suo risveglio dal coma dopo molti anni, El Topo si innamora di una nana (Jacqueline Luis) e promette ai poveri menomati di racimolare i soldi necessari per scavare un tunnel nella caverna ed unirli finalmente al villaggio poco distante da essa. A tale scopo, si adopera in umili e circensi lavoretti presso il villaggio stesso, ma i suoi abitanti si rivelano una sgradita sorpresa...
El Topo è un film piuttosto difficile sia da raccontare sia da decifrare, considerato che praticamente ogni scena che lo compone porta con sé rimandi filosofici, esistenziali e religiosi. Si intravedono costantemente aloni di resurrezione, denuncia sociale e morale, ricerca della propria spiritualità. In particolare i riferimenti religiosi seguono l'andamento spezzato in due nel film: se nella prima parte El Topo e i quattro pistoleri possono rispettivamente ricordare in alcuni frangenti Gesù (soprattutto nella scena in cui subisce quattro colpi di pistola nelle mani e nei piedi, quasi a dargli le stigmate) e dei profeti biblici, nella seconda parte il protagonista è assimilabile a un monaco buddhista, nel suo povera e lunga veste arancio-marrone, con la testa rasata, dedito ad un'opera di bene e di purificazione.
Ma queste sono solo le supposizioni più immediate: in realtà si tratta di un film in cui c'è poco da voler capire e molto da vedere, da seguire non secondo un filo logico ma a proprio piacimento, in cui "entrare". El Topo è un'opera molto, forse fin troppo, ambiziosa: racconto allegorico, grottesco e surreale travestito da western-gore è senz'altro una definizione tanto degna di un lavoro originale quanto insufficiente a rendere lo stravolgimento che avrebbe potuto portare più di quarant'anni fa in un certo modo di fare cinema se solo fosse stato più conosciuto.
I fattori che giocano a sfavore di questo film sono sicuramente l'incomprensibilità, la troppa carne al fuoco e forse una fotografia non eccelsa, ma d'altro canto non si può evitare di menzionare un'ulteriore serie di pregi inaspettati: l'impiego come attori di contorno di persone veramente mutilate e deformi riesce, quasi quarant'anni dopo Freaks, a non apparire come un'idea banalmente copiata (davvero inquietanti i servitori del primo maestro, cioè un uomo senza braccia che tiene in spalla un uomo senza gambe, quasi a formare un'unica creatura completa) e personalmente ho trovato piacevole l'effetto straniante creato da avvenimenti di surreale cruenza su scenari desolatamente incantevoli.
Degni di nota, inoltre, l'impegno e la passione profusi dallo stravagante Jodorowsky, che per l'occasione è stato regista, attore protagonista, sceneggiatore, curatore di colonna sonora, scenografia e costumi. Un film, dunque, non per tutti e non perfetto, ma fuor di dubbio coinvolgente e ammirevole.
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