Regia di Alejandro Jodorowsky vedi scheda film
"Vi sono molte altre montagne sacre, la leggenda è sempre la stessa: nove uomini immortali vivono in cima alla montagna. Dal picco più alto dirigono il nostro mondo. Essi possiedono il segreto di dominare la morte. Hanno più di quarantamila anni, ma una volta erano uomini come noi. Se altri sono riusciti a vincere la morte, perché noi dobbiamo accettarla? Io so dove vivono gli immortali e come carpirne il segreto."
Un ladro (Horacio Salinas), molto somigliante all'iconografia classica di Gesù, viene trovato per terra privo di sensi e ricoperto di mosche da un povero freak senza braccia e gambe, che lo rimette in sesto e lo accompagna in giro per uno strano villaggio. Qui il ladro viene usato da un gruppo di centurioni come calco per crocifissi di cera a grandezza naturale; il ladro se ne porta dietro uno dopo averne distrutto una pila intera, poi ne mangia il volto e lo fa librare in cielo dopo averlo legato a dei palloncini.
In seguito riesce ad introdursi in una torre inaccessibile se non per mezzo di un grande uncino e all'interno, oltre ad arredi e colori psichedelici, trova un folle alchimista (Alejandro Jodorowsky) e la sua assistente muta di colore. Quest'ultimo gli dimostra i suoi poteri trasformando le sue feci in oro ed introducendolo a sette persone lì presenti, deviati membri della classe dirigente e rappresentanti dei pianeti del Sistema Solare.
I dieci, dopo rituali di purificazione e rinascita spirituale, si avventurano alla ricerca della montagna sacra su cui vivono nove saggi che custodiscono il segreto dell'immortalità, ai quali sostituirsi. Ma una sorpresa li attende...
Da dove cominciare? Non è facile.
La montagna sacra è il secondo film degno di nota di Jodorowsky dopo il western surrealista El Topo e, a distanza ormai di quarant'anni, lascia comunque inesorabilmente a bocca aperta: è disturbante, con una miriade di riferimenti ed emblemi poco accessibili, farraginoso; eppure ha un fascino visivo ancora intatto, principalmente grazie alla natura stessa delle immagini e non grazie al loro significato o alla regia di Jodorowsky, a mio giudizio più frenetica ed imprecisa che nell'opera precedente.
Sponsorizzato da John Lennon e Yoko Ono, dichiaratamente ispirato da Giovanni dalla Croce e dal surrealista René Daumal (non ho mai visto alcunché di Buñuel, mio enorme limite cinematografico, per cui non azzardo paragoni), Jodorowsky mette in scena un cumulo di blasfemia, nudità come forma di provocazione, satira, violenza, il tutto in modo tanto confuso (evidenza e mistero nelle varie interpretazioni si alternano) quanto conturbante, con alcune scene meritevoli di essere menzionate qui, fosse solo per dare un'idea: la parata con conigli crocifissi, l'incontro fra ladro e alchimista, il tavolo nero su sfondo azzurro che ricorda un'iride e molte altre ancora.
L'epilogo, davvero spiazzante, purtroppo non fa che confermare la pecca principale dei lavori di Jodorowsky: troppa carne al fuoco, simbolismi liberi a profusione. Il grottesco è un mezzo col quale l'artista cileno tenta di fare arte e dare corpo alle sue fantasie e passioni, fra le quali alchimia e psicomagia (a mio personale giudizio, detto alla Fantozzi, "una cagata pazzesca") hanno un ruolo importantissimo.
La montagna sacra, proprio come El Topo, è comunque un'opera "diversa", weird, di rottura con un certo modo di fare cinema, paragonabile ad un Lynch primordiale, più "cialtronesco" e meno tecnico ma con grandissima immaginazione e un'innata capacità di stupire; forse non imprescindibile e vado anche controcorrente dicendo che è mezzo gradino sotto El Topo, però meriterebbero davvero entrambi i film maggior diffusione e considerazione.
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