Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Resnais, perennemente criptico, ancora una volta esprime una sensazione di disagio che è prettamente, tipicamente e profondamente umana utilizzando un veicolo espressivo tutt'altro che tradizionale: in questo sta la sua forza, in questo sta ogni suo limite. Cosa significa (che) La vita è un romanzo? Forse: che la fantasia trionfa sulla realtà? Che il potere dell'infanzia è quello dell'immaginazione, e una volta adulti non si è più capaci di ritrovare quella gioia, quella serenità propria dei bambini? Che la vera comunicazione è quella senza secondi fini, quella empatica, giocosa dell'infanzia? E chi lo sa. Certo è che il lavoro del regista francese prosegue ad indagare in maniera inquietante su aspetti inquietanti dell'animo umano. E, nonostante non si tratti di un capolavoro e la storia soffra di una certa tendenza all'involuzione, qui Resnais pare parecchio ispirato e qualcosa - chissà cosa! - riesce comunque a smuoverlo. Bel cast, ottima l'idea del duplice racconto intervallato dalla terza storia, quella con i bambini.
Due gruppi di persone si riuniscono, a distanza di molti anni, nello stesso luogo: nel 1919 l'anziano proprietario di un castello vi invita alcuni amici per una sorta di 'ritorno all'infanzia'; nel 1983 un convegno sull'educazione si svolge in quel medesimo palazzo, ma ancora l'alchimia fra gli esseri umani non funziona. Attorno, nel parco, quattro bambini giocano fantasticando avventure medievali.
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