Regia di Mario Monicelli, Steno vedi scheda film
Il professor Bresci (Leonardo Cortese), patito di tutto ciò che riguarda l'Oriente, dopo aver concluso una disastrosa serata nella quale, a causa di un equivoco, fa scoppiare un incidente diplomatico, getta un amuleto dalla finestra di casa e tale gesto gli fa apparire il diavolo, che lo fa incarnare in diverse persone che sono appena morte in modo violento: prima un tenore (Ferruccio Tagliavini), poi un pugile (Marcel Cerdan, francese, sfortunato campione mondiale dei pesi medi) ed infine un diplomatico (Mischa Auer). Ad ogni 'incarnazione' ne succederanno di tutti i colori...
'Al diavolo la celebrità', seconda co-regia del felice sodalizio Mario Monicelli-Steno, ha ambizioni molto elevate - addirittura il 'Faust' di Goethe - ma tutto è virato in una farsa con situazioni un po' datate, qualche pasticcio in fase di montaggio (la prima incarnazione si conclude e poi, stranamente, viene ripresa a metà della seconda...) ma è dotata di un ritmo vertiginoso, di alcune gag davvero spassose e di attori improvvisati come il tenore suddetto e il boxeur transalpino (che, ironia della sorte, morì davvero di lì a poco in un incidente aereo e celebre oltre che per la sua bravura anche per una relazione con la grande Edith Piaf) che se la cavano più che dignitosamente, interagendo con due commedianti di razza come Mischa Auer e il 'nostro' Carlo Campanini, letteralmente scatenato, e una bellezza folgorante come Marilyn Buferd, nel ruolo di segretaria del diplomatico e fiamma del professore; finale a sorpresa.
Notevole la scena dell'incontro di pugilato, un mix riuscito tra il realismo di quello che avviene sul quadrato e le comiche di derivazione slapstick che succedono attorno ad esso: sarebbe interessante sapere chi dei due registi l'abbia girata!
Da riscoprire.
Voto: 7.
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