Regia di Giuseppe Bertolucci vedi scheda film
Cioni Mario è un muratore senza prospettive future, che quando non lavora si trastulla fra autoerotismo, scherzi di cattivo gusto e, se i risparmi lo permettono, qualche avventura con prostitute non troppo care, mentre intorno a lui una goliardica realtà di degrado collettivo mostra le sue variopinte declinazioni. La sua (non) vicenda risulta essere indirettamente un viaggio nel sottobosco proletario in cui si avvicendano i caratteri più disparati: un prete che mette bandiera rossa come jingle per le campane ma gli fa una sonora ramanzina contro la masturbazione (e sono pronto a scommettere che non l'abbiano fatto bestemmiare solo per timore della censura), un omosessuale che sottolinea il paradosso della sua discriminazione (almeno lui può identificarsi con un ruolo preciso), una ragazza invalida venduta come un pezzo di salame ed incattivita da un padre burbero (occasione perfetta per citare Chaplin), vari frequentatori delle case del popolo uno più assurdo dell'altro, e via con questo carrozzone di casi umani, infarciti di realtà e di quotidiano disagio. E Mario risulta confuso, stordito, imbevuto di ideali rivoluzionari già avviati in un viale del tramonto fatto di abitudine e stanchezza ("Perché Berlinguer non ci dà il via?""Perché ha da fare", se si prescinde dai vari retroscena e si resta ancorati ad un ottica popolare, questo scambio di battute è il perfetto riassunto del compromesso storico), legato quasi incestuosamente ad una madre opprimente ed isterica (e se paragoniamo questo ruolo di Alida Valli a quello di Senso, capiamo quale sia la definizione di recitazione) e non sapendo più dove sbattere la testa, finisce per vedere l'unico scampo alla propria misera condizione in una fuga terapeutica verso l'ignoto (le due femministe svampite dirette verso la comunità, dove tanti sogni del '68 andarono a rintanarsi per poi spegnersi) che si dissolve quando un Carlo Monni in crisi mistica cancella il numero di telefono dalla sua mano: alla fine la risposta a tutti i problemi filosofici dell'esistenza sembra essere l'amore, o al limite una bella notte di sesso. Berlinguer ti voglio bene è un film esilarante, sboccato, grezzissimo (anche da un punto di vista tecnico), quasi un Ecce bombo in salsa fiorentina e con un Benigni all'apice della sua carriera (quando ancora aveva coraggio di osare ed era lontano dai picchi megalomani e deliranti che lo avrebbero contraddistinto in seguito). Il problema è che non so quanto possa essere apprezzato dai non toscani: nel dubbio, mi limito a dire che non è una faccenda che mi riguarda.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta