Regia di Louis Malle vedi scheda film
Se possibile la perfezione in un film, con un bianco e nero strepitoso, delle inquadrature controllatissime, un inizio forse memore di Hiroshima Mon Amour di Resnais e la freddezza di Ronet che trasmette il vuoto in cui si trova il protagonista dopo il rehab. Infatti il protagonista nel libro di Drieu La Rochelle era un drogato e nella finzione cinematografica è divenuto un alcolizzato anche se in una festa, quasi orgia, verso la fine del film alcuni invitati stanno fumando chiaramente oppio. La musica di Erik Satie, Les Gymnopedies a punteggiare la scarnificazione della storia e dei personaggi. Una Jeanne Moreau di passaggio ma sempre enorme, fedele a Louis Malle dopo Les Amants e Ascensore per un patibolo i due film che rimangono appena appena dietro al più bel film di Malle per chi scrive, questo Fuoco Fatuo, all'epoca sottovalutato e poi riscoperto e che ora necessita l'Olimpo del cinema proprio per il suo sottrarsi ai facili effetti. Il giovane Louis Malle come e molto più di Truffaut è l'esistenza della cinefilia come passione e non come atteggiamento, come amore e non come cattedra. I silenzi di Bergman che incontrano la disperazione della nouvelle vague. Quello specchio con la data della morte scritta dal protagonista, scelta e senza ritardi, è il simbolo del nostro io riflesso nella nostra vita.
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