Regia di Louis Malle vedi scheda film
Il disperato soliloquio crepuscolare di un'angoscia intima, esistenziale. Parigi, ingabbiata in un bianco e nero malinconico e riflessivo, è l'inferno proiettato sulla Terra per Alain, il protagonista; gli amici, le donne, nessuno riesce a farlo sentire vivo: in realtà Alain è già morto, fin dall'inizio, dalla prima scena. L'unico a saperlo con certezza è però lui stesso: solo alla ricerca di sè stesso, in un paradosso che è fondamentalmente il senso della vita, una ricerca finalizzata - parole del suicida stesso, nel suo biglietto d'addio - nell'amore; 'voi non mi avete amato, io non vi ho amati', e tanto vale chiudere qui. L'alcolismo è quasi una scusa in tutto ciò, come un pretesto per dichiarare al mondo la propria inettitudine alla vita, e in effetti nel romanzo da cui il film è tratto (di Pierre Drieu La Rochelle) quel ruolo è sostenuto dalla droga. Lavoro coraggioso per la tematica e per i tempi di Nouvelle Vague che correvano (ma Truffaut stesso apprezzò), in cui i limiti sono da ricercare in una certa lentezza e nel silenzio che permea gli spostamenti del protagonista. 7 e 1/2.
Alain è alcolizzato e non si riconosce in ciò che è diventata la sua vita; nell'ultimo barlume di lucidità decide, prima di farla finita, di darsi una speranza: ma le persone che gli sono vicine non lo aiutano, anzi lo fanno sentire ancora più emarginato. E' la fine.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta