Regia di Tobias Lindholm vedi scheda film
Per quanto ormai le certezze – anche quelle corroborate per decenni - latitino a tutti i livelli, sussistono ancora dei luoghi considerati sostanzialmente sicuri. Posti in cui prestano servizio persone a cui affidarsi senza esitazioni e diffidenze, consci di consegnare a persone preparate le chiavi di quanto più conta nella nostra vita, ossia la salute, per non parlare poi della sopravvivenza stessa, qualora una condizione risulti essere critica o, comunque sia, bisognosa di cure specifiche, di una preparazione elevata e di una predisposizione umana inequivocabile.
Ovviamente, esistono sempre le eccezioni. La cronaca non manca – quando possibile - di denunciarle e The good nurse fa la sua parte, raccontando con attinente asciuttezza e validi fattori attigui una vicenda malsana e prolungata nel tempo, che ha condannato a morte un numero non meglio precisato di persone che altrimenti avrebbero avuto la possibilità di avere ancora anni di vita da condividere con i propri cari.
Amy Loughren (Jessica Chastain – Zero dark thirty, Interstellar) è un’infermiera di assoluta dedizione al lavoro, che espleta con il massimo impegno nonostante soffra di un grave problema cardiaco.
Quando nella sua corsia arriva Charles Cullen (Eddie Redmayne – Animali fantastici e dove trovarli, La teoria del tutto), un collega che ha lavorato in diverse strutture, trova una sostengo utile anche al di fuori dell’ambiente lavorativo.
Improvvisamente, i detective Tim Braun (Noah Emmerich – The Truman show, The Americans) e Danny Baldwin (Nnamdi Asomugha - Il coraggio di lottare, Sylvie’s love) cominciano a indagare per una morte sospetta avvenuta proprio sotto gli occhi di Amy, scontrandosi contro una barriera di omertà innalzata da Linda Garran (Kim Dickens – Land, Highwaymen – L’ultima imboscata), la responsabile della struttura sanitaria.
Nonostante l’azione difensiva di chi semplicemente intende evitare l’insorgere di ogni sorta di problema, proprio Amy, resasi conto delle malefatte commesse da Charlie, si adopererà in ogni modo per far prevalere la giustizia.
Diretto da Tobias Lindholm, regista di Una guerra e conosciuto principalmente per la sua collaborazione nelle vesti di sceneggiatore con Thomas Vinterberg (Il sospetto, Un altro giro), The good nurse è una via di mezzo per i film marchiati Netflix, non strettamente un film d’autore ma contestualmente anche affrancato da quelle forme lascive che rendono accantonabile, talvolta anche detestabile, una larga parte della loro produzione.
Trattasi di una mescolanza tra un thriller silenzioso e un dramma morale/intimo, che usando il bisturi contrappone/incrocia/sovrappone due protagonisti, due valvole aperte/chiuse, per scegliere infine Amy come punto di vista/luce privilegiato.
In questo modo, la bravissima Jessica Chastain, completamente immersa nel suo inossidabile ed encomiabile personaggio, affannato e dalla bontà acciaccata, fa valere tutta la sua conclamata classe, dominando in lungo e in largo un film dalla composizione vigile che, pur non vantando picchi eccelsi, dribbla tutti quei tranelli limacciosi insiti in una storia di questa tipologia (vedi una enfatizzazione scrausa e indigesta).
Dunque, The good nurse segna il territorio, si aggira negli ambienti riprendendo/stabilendo - con successo - una cupezza tipicamente nordica, con una disposizione piana e temperature cromatiche consolidate, definendo una cartina tornasole di disagi in essere, nel solco di un’equazione lineare complessivamente priva di assi nella manica ma altrettanto accettabile.
A conti fatti, parliamo di un film metodico, senza apogei e nemmeno svarioni da condannare a spada tratta, dall’arrangiamento lucido ma anche frenato da una stretta supervisione, che sa come gestire il bandolo della matassa, per quanto la risultante sia circoscritta, ridimensionata e sovrastata dalla ricerca della congruità formale.
Tra moti interiori e nodi che vengono al pettine, mani legate e pensieri raggelanti, porte sbarrate e falle insite nel sistema, indagini e resistenze, il male che agisce indisturbato e la voce della coscienza, quella che senza alcuna paura sbroglia un gomitolo inestricabile facendo luce sui fatti.
Avveduto e accademico.
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