Regia di Olivia Newman vedi scheda film
Se occasione potesse essere stata (il libro di Delia Owens “Where do the Crawdads Sing” da cui deriva il film può essere davvero considerata tale?), certamente l’occasione è mancata.
La struttura narrativa del libro, cui naturalmente il film non può sovrapporsi, avrebbe a mio avviso lasciato spazi molto ampi per una trasposizione cinematografica ben più efficace ed accattivante. Per esempio: come fa il romanzo stesso, sarebbe stato molto più convincente lasciare all’ultima parte del film l’intero svolgimento del processo, che viene invece sbriciolato in piccole dosi farraginose qua e là dall’inizio alla fine. Oppure: la narrazione dell’infanzia della protagonista, dove si sarebbe potuto pescare ben oltre, magari soffermandosi su tanti dettagli (le scarpe di finto coccodrillo della madre di Kya? Il modo che ha Jumpin’ di ridere con le labbra serrate e gettando indietro la testa?) che nel film non trovano nessun riscontro ( e che pur avrebbero potuto esser altamente cinematografici).
Il romanzo di Delia Owens non è proprio irresistibile, ma ha un quoziente poetico (e tragico/drammatico da non sottovalutare) al quale il film non corrisponde minimamente. Si salvano poche cose, credo solo due o tre, tutte relative al cast: la buona scelta (e prova) dell’attrice protagonista Daisy Edgar-Jones, l’avvocato David Strathairn, e fra tutti i “comprimari” forse il migliore è Harris Dickinson nel ruolo dell’antagonista. Per il resto è tutto melò di poco conto.
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