Regia di David Gordon Green vedi scheda film
Non è affatto brutto, anzi. Forse, senza maschera, Myers è Richard Gere dei tempi dorati? Ah ah. Invero, tutto è partito dal fatto che, nel remoto 1978, Jamie Lee Curtis era figa e Myers voleva da lei solo uno spogliarello da True Lies. Il resto è una pugnalata allo stomaco, ah ah, povero Michael, che fegato amaro e spappolato.
Ebbene, oggi disamineremo, brevemente ma speriamo esaustivamente, Halloween Ends, uscito sui nostri schermi lo scorso 13 Ottobre e ultimo, definitivo capitolo della trilogia inaugurata nel 2018 da David Gordon Green (Joe) che, col suo Halloween e l’immediatamente successivo Halloween Kills, resuscitò dalle ceneri e al contempo rinverdì i fasti del mito orrifico concernenti lo spauracchio e temibile, raccapricciante babau celeberrimo di nome Michael Myers, creatura mostruosamente invincibile creata dalla fantasia del geniale John Carpenter (patrocinatore di questa saga-“reboot” e sequel sui generis rigenerante il nostro aberrante, rivivificato beniamino assai particolare, a suo modo carismaticamente immarcescibile e, in senso tout-court, immortale) nel lontano 1978 col suo eterno capolavoro del brivido e del terrore intitolato, giustappunto, Halloween - La notte delle streghe con protagonista assoluta una giovanissima ed esordiente, perlomeno in un lungometraggio, Jamie Lee Curtis. La quale, naturalmente, ancora una volta, ivi riprende il suo famoso ruolo che la consacrò, quello di Laurie Strode. Sceneggiato dallo stesso Gordon Green assieme ai valenti Paul Brad Logan, Chris Bernier & Danny McBride, della durata corposa, forse leggermente prolissa eppur appassionante, di un’ora e cinquantuno minuti netti, Halloween Ends è stato accolto in maniera controversa e fredda dall’intellighenzia critica, non soddisfacendo i più, rimasti sostanzialmente insoddisfatti per questo film finale su cui, probabilmente, s’aspettavano qualcosa di migliore e maggiormente memorabile. Ora, puntualizzando subito che Halloween Ends non è un capolavoro, infatti, a seguire ne sottolineeremo le pecche e ne rimarcheremo gli evidenti difetti (non molti, però, a esser sinceri), altresì è una pellicola notevole per molteplici aspetti che parimenti evidenzieremo e loderemo ampiamente e senza fronzoli. Dunque, possiamo tranquillamente e subitaneamente affermare fieramente, perfino stoicamente, che siamo assai discordi rispetto agli unanimi giudizi, al momento imperanti e ingrati, impietosi e a nostro avviso troppo severi, espressi generalmente e negativamente in merito a tale ottimo opus di Gordon Green.
Trama: Durante la notte, ovviamente, di Halloween dell’anno 2019, l’inesperto, imbranato, timido adolescente e studente Corey Cunningham (un eccellente e inquietante Rohan Campbell), viene ospitato nella lussuosa magione della ricca ed elegante signora Allen (Candice Rose) e di suo marito (Jack Marshall) per accudire e far da babysitter al loro figlio di nome Jeremy. Quello che per Corey sembrava un lavoretto da soldi facili, purtroppo, rappresenterà invece, paurosamente, l’inizio del suo atroce incubo e del suo calvario esistenziale poiché, a causa d’una amarissima fatalità tragica del destino, in maniera tremendamente involontaria, ucciderà Jeremy. Il quale, giocando a nascondino con Corey, precipiterà, per colpa d’una mossa, potremmo dire, inaspettata di Corey, giù dalla tromba delle scale, schiantandosi sul pavimento e crepando all’istante, affogato e avvolto dal suo macabro lago di sangue funereo. Al che, con una veloce serpentina dell’intreccio e un repentino passo in avanti narrativo, veniamo immersi in quel dell’immaginaria Haddonfield dell’Illinois (inesistente realmente ma vera cinematograficamente, da non confondere con l’omonima e non fittizia Haddonfield del New Jersey), fantasmatica e spettrale, sebbene all’apparenza pacifica e fin troppo morigerata, cittadina d’un plumbeo e misterioso, sepolcrale e mortifero entroterra statunitense languidamente ancestrale, ove, nella sua appartata abitazione, risiede Laurie che sta scrivendo un libro di memorie sugli avvenimenti occorsile, una sorta di biopic psicologico sulle sue esperienze in veste di miracolata sopravvissuta da Michael Myers. Laurie vive in compagnia della nipote Allyson Nelson (l’avvenente Andi Matichak). Quest’ultima, infermiera, al servizio d’un capo dottore bavoso e viscido, s’innamorerà del redivivo Corey e ne sarà presto ricambiata. Adesso, Corey lavora nel cantiere di suo padre con cui vive insieme a sua madre psicolabile e, malgrado fosse stato scagionato da ogni accusa a riguardo del suo omicidio colposo, sì, del suo assassinio accidentale nei confronti del povero Jeremy, è infinitamente e tristemente perseguitato dai suoi demoni interiori e all’unisono stigmatizzato e additato come freak psicopatico dagli abitanti del luogo, tormentato inoltre e oltremodo da bastardi bulli che, impunemente, lo tormentano nottetempo, insistentemente a getto continuo, appena si presenta loro l’occasione per infamarlo, deriderlo e umiliarlo.
Cosa succederà e come andrà a finire?
Corey, invero chi è? Nasconde una scura ed oscura personalità malvagia ed infida? È il ragazzo innocente e incolpevole che può apparire allo spettatore compassionevole e sensibile oppure il male, propagatogli psicologicamente da un’abietta e miserevole comunità ipocrita, s’è lentamente e irreversibilmente inconsciamente impossessato di lui così tanto da far sì che in lui sia avvenuto un perverso processo d’identificazione in Michael Myers?
Myers, soprattutto, è morto oppure il suo spettro aleggia in maniera mefistofelica e respira, sinuosamente minaccioso, nella tetraggine infernale delle fogne periferiche più lerce e diaboliche?
Teso, perfino emozionalmente romantico e poi mellifluo, nient’affatto banale, specialmente nella prima ora, bellissima e spiazzante, con atmosfere notturne degne di nota e una superba fotografia chiaroscurale di Michael Simmonds, con una Lee Curtis invecchiata ma magnetica e un Campbell straordinario nei suoi inaspettati cambi di registro recitativo da un momento all’altro, Halloween Ends non è assolutamente deludente. Anzi, tutt’altro, avvince spesso e per certi versi è stupefacente. Spaventa e incanta, gioca su sottili ambiguità sofisticate e risulta, a tratti, addirittura una notevole e non convenzionale, standardizzata riflessione sul male, perdonate il gioco di parole, niente male.
Gordon Green oramai conosce benissimo i tempi thrilling e anche quelli sentimentali, se ne sa destreggiare con abilità e quel sapido mestiere sanamente “furbo” da regista esperto ed egregio.
Forse, Halloween Ends esagera nel finale, divenendo dozzinale e mancando di pathos, scegliendo la strada più comoda, scioccamente splatter e slasher in modo sciattamente truculento in modo poco fine, arrivando alle soluzioni più scontate, ribaltando e rinnegando dunque gli ottimi presupposti iniziali che erano, come detto, più intelligentemente impregnati di complessità.
Nel cast, ancora una volta un bravo e commovente Will Patton (The Mothman Prophecies) nei panni di Frank Hawkins, inarrendevole, attempato corteggiatore, un po’ patetico un po’ troppo sanamente umano, di Laurie/Lee Curtis.
di Stefano Falotico
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