Regia di Anthony M. Dawson (Antonio Margheriti) vedi scheda film
In Malesia c'è un preziosissimo rubino magico; una donna, direttrice di un museo in Colombia, parte alla ricerca del gioiello con l'aiuto di un ex militare americano che vive di espedienti nel luogo in cui la pietra dovrebbe trovarsi. Ma a dare la caccia al rubino hanno già pensato anche altri, malintenzionati e senza scrupoli.
Nonostante la crisi del cinema di genere, alla metà degli anni Ottanta Antonio Margheriti riusciva ancora a girare mediamente un paio di pellicole all'anno; budget risicati, storie fotocopiate, interpreti non sempre all'altezza mescolati con qualche vecchia gloria in cerca di rilancio (o semplicemente costretta a giocare in serie B per campare), una confezione generalmente approssimativa: le costanti sono queste e La leggenda del rubino malese non vi fa eccezione. Un altro trend tipico del periodo, per il nostro cinema, era quello di scimmiottare i lavori di successo d'oltreoceano; è piuttosto evidente perciò che questo film si rifaccia in linea di massima ad All'inseguimento della pietra verde (Robert Zemeckis, 1984) e che costituisca a sua volta un precedente nei confronti de I predatori della pietra magica (Tonino Ricci, 1986). A essere sinceri in ogni caso qualcosa di salvabile ne La leggenda del rubino malese c'è: innanzitutto le evidenti capacità del regista nel dirigere avventura e azione, che sono le due componenti di base del lavoro; poi la partecipazione speciale di Lee Van Cleef in un ruolo centrale (altri interpreti: Luciano Pigozzi/Alan Collins, Christopher Connelly, Marina Costa) e infine il buon ritmo impartito alla storia, che si sviluppa da una sceneggiatura di Giovanni Simonelli. Si parla com'è ovvio di un titolo espressamente rivolto all'intrattenimento, percui tanto basti. 3/10.
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