Regia di Anthony Daisies (Antonio Margheriti) vedi scheda film
Un’astronave in avaria con il suo pericoloso alone energetico sta per schiantarsi contro la Terra. L’impatto spazzerebbe via in pochi istanti l’intera umanità, riducendo il nostro pianeta ad un cumulo di materia incandescente. Un manipolo di astronauti, gli Space Men, dovrà cercare di impedire questa catastrofe. Un reporter “ficcanaso” giunto dalla Terra si rivelerà di grande aiuto…
Antonio Margheriti alias Anthony Daisies (poi Dawson) riflette sull’umanità del futuro che distante anni luce dal nostro pianeta sembra aver smarrito la propria natura.
Sospeso tra disillusione e speranza (rinata), Margheriti ci porta all’interno dell’universo senza fine, dimostrando un notevole acume creativo. Predominano i toni freddi che amplificano quel senso di solitudine e smarrimento che pervade questi individui per troppo tempo dispersi in spazi interstellari bui ed infiniti. Individui che hanno perso per strada sentimenti ed emozioni e si rivolgono l’uno all’altro quasi fossero degli automi. Ciò che è innato, però, non può essere cancellato. Va solo risvegliato. Basta solo trovare la chiave giusta…
Il regista italiano guarda senza alcun dubbio alle produzioni americane di genere, ma procede alla maniera di un artigiano d’immagini. Un po’ come facevano Corman o Ulmer. Pochi soldi, tempo scarso e tante idee. Il risultato ottenuto è elevato nonostante qualche piccolo inciampo qua e là e questo “Space Men” si lascia tranquillamente apprezzare ancor oggi a cinquant’anni di distanza.
Probabilmente gli unici che non riescono a cogliere la genuina genialità dell’opera sono stati accecati da troppa computer grafica o hanno distrutto i polpastrelli su un joypad della playstation.
Cinema da recuperare e da rivalutare in toto!
Le musiche di Lelio Luttazzi alias J.K. Broady non sono un semplice leitmotiv di accompagnamento, ma si amalgamano alla perfezione con il clima cupo e opprimente di questo dramma spaziale
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