Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film
Voto 10/10 Emanuela Martini, la maggiore esegeta italiana di Powell e Pressburger, ha scritto su Duello a Berlino : "è commedia quotidiana e dramma esistenziale, fastosa ricostruzione storica e sottile analisi psicologica. Rimanda a Ford per la tenerezza e a Lubitsch per la causticità, ha la profondità filosofica di La grande illusion di Renoir e l'originalità costruttiva di Lola Montes di Ophuls". Finalmente sono riuscito a vederlo nella versione integrale ricostruita da Rai sat cinema, che rimane imprescindibile poichè la versione italiana fu tagliata selvaggiamente. E' il primo film della società The Archers fondata dai due registi/produttori, ed è già un risultato di notevole maestria, un affresco romantico di autentico spessore romanzesco con tocchi satirici sulla classe militare che causarono l'ostilità del Primo ministro britannico Winston Churchill (bisogna tuttavia riconoscere che il protagonista del film è l'oggetto di una satira molto più bonaria rispetto al fumetto di David Low a cui si ispira) . Un elogio dell'amicizia anche in condizioni avverse, dell'onestà e della lealtà in guerra e di tutta una serie di virtù che hanno elevato l'animo dell'uomo medio britannico. La fotografia a colori di Georges Perinal già gode della raffinatezza cromatica che si ritroverà nelle successive opere di Powell, fotografate da Jack Cardiff che qui collaboro' in veste di assistente; il trio di protagonisti è straordinario, con un Roger Livesey nel ruolo della sua vita come generale Clive Candy, che nelle scene della vecchiaia regge con disinvoltura un elaborato make-up, un Anton Walbrook assolutamente affascinante e suadente e una giovane Deborah Kerr moltiplicata magicamente in tre ruoli. Dunque un film molto bello, certamente dalla durata impegnativa e con una prima parte più coinvolgente a livello emotivo (mentre nella seconda si avverte forse qualche lungaggine), ma che resta opera di assoluto rilievo nell'ambito del cinema inglese, tanto che alcuni critici lo hanno considerato la risposta britannica al Quarto potere di Orson Welles uscito soltanto due anni prima. Tra le molte scene memorabili, da citare almeno quella del duello, risolta con un'ellissi della narrazione e un memorabile movimento ascendente della macchina da presa, e il monologo di Anton Walbrook davanti alle autorità inglesi per convincerle a rilasciare il permesso di soggiorno, ma anche molti altri momenti che si imprimono con forza nella memoria dello spettatore.
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