Regia di Alessandro Comodin vedi scheda film
Pierluigi è un poliziotto di pattuglia fra Malatesta e Villanova, al confine fra Veneto e Friuli, e vive in una casa con un giardino-bosco immenso, con alberi altissimi e tantissimi animali. Mentre aumenta il numero di suicidi di chi si butta sotto il treno nel passaggio a livello dentro i confini del comune, una nuova centralinista fa capolino in ufficio e Gigi forse si innamora della sua voce.
Alessandro Comodin al terzo film fa ancora quel cinema di finzione con luoghi, tempi e persone reali, dell'Estate di Giacomo, e nonostante si possa utilizzare la locuzione (forse un po’ stantia) di “cinema del reale” per parlare del suo terzo lungometraggio, la cosa più interessante in assoluto di Gigi la legge è che è un film incredibilmente misterioso e irraccontabile. Mentre da un lato potrebbe venire alla mente il cinema di Jacques Tati, con la sua comicità dei tempi morti in cui Hulot è in continua dialettica col mondo, dall’altro è altro cinema europeo non comico altrettanto rigoroso che viene in mente, soprattutto grazie al lavoro di découpage di João Nicolau, che sarebbe in grado di rendere una barzelletta un thriller ad alta tensione.
Gigi la legge è un tipo di cinema ai minimi termini, che finalmente usa la materia prima della ripresa e del montaggio per restituire una verità, e allo stesso tempo per manometterla e riprodurre il mistero che c’è in realtà fra il Vero e la sua rappresentazione. Ed è soprattutto in una scena notturna, così come in tutte le sequenze in macchina, nel modo in cui Comodin e Nicolau ci fanno scoprire di cosa è fatto questo mondo, come si compone e cosa nasconde, è lì che Gigi la legge fa il miracolo di contenere tutto e di mostrare tutto, anche se tutto non è solo con gli occhi che si vede.
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