Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Nella Londra vittoriana, il geniale chirurgo Godwin “Good” Baxter (Willem Defoe) fa esperimenti sui corpi dei cadaveri per cercare di vincere l'ineluttabilità della morte. Aiutato dal suo giovane collaboratore Max MacCandles (Ramy Youssef), recupera il corpo di una giovane donna suicidatasi nel Tamigi e gli ridona la vita impiantandogli il cervello del bambino che portava ancora in grembo. La chiama Bella (Emma Stone) che progredisce in maniera strepitosa nel campo delle facoltà intellettive. La ragazza sviluppa soprattutto una grande interesse per le cose del mondo, partendo dal voler imparare l’effettivo significato delle parole. Spinta da questa rinnovata curiosità, Bella coglie al volo l’occasione offertagli da Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo) un avvocato alquanto ambiguo che le chiede di seguirlo nei suoi viaggi. Così Bella parte alla scoperta del mondo lasciando il dottor Baxter, che ormai la adorava come una figlia prima ancora che come un oggetto prezioso dei suoi esperimenti, e il giovane medico, che si era innamorato di questa bambina custodita nel corpo di una donna.
Non c’è dubbio che la carriera cinematografica fin qui realizzata da Yorgos Lanthimos sia caratterizzata da un'evidente differenza stilistica tra il cosiddetto periodo greco e quella riguardanti le produzioni più internazionali. Più essenziali nella messinscena e inclini a fare del simbolismo un rigoroso strumento di linguaggio i primi film ; più liberi di usare i vestiti stilistici più adatti alle circostanze del momento i secondi. Ciò nonostante, al di là della già indicata differenza di stile, ci sono degli elementi “poetici” che tornano quasi sempre lungo lo scorrere dei suoi film. Elementi che, nel loro caratterizzare nel profondo la cifra stilistica dell'autore greco, rendono meno marcata di quanto possa apparire l'ipotetica cesura tra un prima e un dopo il suo percorso cinematografico. Il lavoro sui corpi ad esempio, che per i personaggi di Lanthimos sembrano essere sempre il ricettacolo di ogni nevrosi sociale, mezzo e fine per il raggiungimento di una raggiungibile libertà emancipatoria (in “Kydonatas” e in “Alps” ad esempio, così come in “The Lobster” e il “Il sacrificio del cervo sacro”). Oppure la tendenza persistente a sottomettere le potenzialità intellettive delle persone al soddisfacimento dei loro bisogni più bassi e stringenti, a farne sempre una questione di incompatibilità alienante, di sentimenti inariditi, di emozioni prosciugate, di parole svuotate di senso.Tutti aspetti ottenuti ogni volta attraverso una tecnica di ripresa tesa a far emergere la sensazione vissuta in simultanea tra chi guarda e chi è guardato di essere in un mondo deformato e deformante.
Deformato e deformante e soprattutto l’universo di “Povere creature” (Leone d’oro a Venezia), una sorta di fiaba in nero (tratta dall’omonimo romanzo di AlasdairGray) che mischia il favolistico e realistico, il macabro e il magnifico, per una riflessione di stampo “postmodernista” sulla natura umana.
Fish-eye come linea guida principale per indirizzare lo sguardo e soft-focus come modalità più usata per la gestione dello spazio. La tecnica cinematografica invita lo spettatore a guardare in maniera deformata in modo da farlo entrare maggiormente in sintonia con il mondo deformante costruito da Yorgos Lanthimos. Ciò che mi sembra si sia voluto ricercare e una fattiva complicità sensoriale tra il guardare e l'essere guardato, tra chi usa le “stranezze” per nutrire lo sguardo di morbosa fascinazione e chi ne è l'inconsapevole catalizzatore. Una relazione che percorre interamente il film e che, a mio avviso, rappresenta esattamente quello contro cui si ribella con l'istinto tipico di una bambina Bella Baxter. La ragazza, se da un lato scorge che le mostruosità che la circondano servono per appagare la vanità ed affascinare i curiosi, dall’altro lato ambisce ad emanciparsi dalle ristrettezze spaziali in cui vive attraverso la conoscenza del mondo e del genere umano.
Come un’ingenua esploratrice delle cose del mondo, Bella scopre che il piacere reale è dato solo dalla piena consapevolezza delle proprie azioni.Un percorso a tappe che passa per la scoperta del dolore, della crudeltà, delle miserie mondane, del vizio molto umano di produrre il male. Ma anche per la nobiltà dei sentimenti, dell'amore che adombra la morte, delle parole nate per dire proprio ciò che intendono dire.
“Le cose funzionano in un modo finché non scopriamo un nuovo modo ancora.E così via, fino a che la terra non è più piatta, l'elettricità illumina la notte e le scarpe non si legano più con i fiocchi”. Ecco, Bella impara ad arrivare dritta al punto esatto delle questioni facendo della parola uno strumento che smaschera gli inganni perpetuati in ogni tempo e luogo dai più forti sui più deboli.
Come gli esperimenti scientifici del dottore, la vita di Bella è come un puzzle che va componendosi poco alla volta, pezzo dopo pezzo, presa di coscienza dopo presa di coscienza, scoperta dopo scoperta. E come gli esiti sulla natura dei fatti sono resi prevedibili grazie alla vastità di sapere che può donare la conoscenza, è solo nella completezza dell’intero quadro che è possibile scorgere le forme della prigione da cui Bella desidera scappare. Infatti, è solo aprendo la mente oltre i limiti imposti dalla conoscenza indotta che la ragazza scopre che il semplice assecondare il piacere dei puri istinti sessuali significa tenere il proprio corpo prigioniero di un’idea solo apparente di libertà, che essere totalmente padrona del proprio corpo significa dargli uno scopo che va ben oltre le convenzioni sociali e le fattezze dello scandalo
Tutto intorno a Bella Baxter sempre essere un simulacro, l’imitazione di ciò che tende ad animare una vita, non ancora la vita vera e propria concepita nella sua interezza. Il suo stesso corpo è il frutto di un qualcosa voluto da altri, ovvero, dalle pretese di vincere la morte creando un’esistenza da tenere a bada. È appunto questo suo desiderio di scoprire l’altrove, passando innanzitutto per la rottura del cordone filiale con le uniche persone che l'amano incondizionatamente, a fare di Bella Baxter un simbolo postmoderno dell'emancipazione femminile. Evidenza che si concretizza nel semplice fatto di rappresentare una parabola esistenziale colta in tutta la sua ideale interezza emancipatoria : dall’ingenua e spensierata adesione ai voleri del padre padrone, fino alla scoperta del valore sacrale delle scelte consapevoli.Passando per la ribellione istantanea contro tutto ciò che non corrisponde al significato delle parole che sta imparando a capire. Cinema importante.
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