Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
"Incidi sempre con compassione."
S’inceppa non molto semplificandosi un po’ nel finale -[Bella Baxter non si merita quest’ambiguità: “I won't watch him bleed to death”, ovvero “Non starò qui a guardarlo mentre si dissangua a morte”, inteso come “Non lo lascerò morire dissanguato”, vale a dire “Non lo lascerò morire, punto”, e poi ecco il – giustificabilissimo, eh, ma senza quel sentor d’ipocrisia (che non è sano sberleffo) in bocca alla protagonista, ché non le appartiene – general Capra]-, ma per 9/10 “Poor Things” si dimostra quale il miglior film (ed anche, cioè, il più importante) di Yorgos Lanthimos (nonché il suo lavoro più kubrickiano, e penso soprattutto ad “A ClockWork Orange”, con echi meno direttamente risonanti da Lynch e Gilliam, se pur al netto di alcune, per la verità poche, incertezze nella composizione degli stacchi, a volte un po’ retorici) al pari di “Kynodontas”, entrambe opere concretamente mitopoietiche, e forse quest’ancor più dell’altra, e che le altre contiene: dal PdV stilistico-formale (soprattutto “the Favourite”) e da quello contenutistico-sostanziale [la meta-immedesimazione di “Kinetta”, il Controllo Totale veicolato dall’insegnamento dello stesso “Kynodontas”, la soddisfazione del bisogno, più che del desiderio, di comprare e possedere (qui creare) un simulacro di conforto e consolazione tutto per sé di “Alpeis”, l’antispecismo militante, ma di facciata, perché subordinato alla manifestazione del Potere Costituito, di “the Lobster”, la messa in pratica di un senso della giustizia – qui più etico che – (im)morale di “the Killing of a Sacred Deer” e il sesso e, più che la lotta di classe, lo scontro fra classi di “the Favourite”].
- Un homme?
- Oui.
- Voilà!
Sostenuto dalla performance "totalitaria" - tra “hairy business” & “furious jumping” - di Emma Stone (“SuperBad”, “Magic in the MoonLight”, “BirdMan”, “Irrational Man”, “La La Land”, “Maniac”, “the Favourite”, “the Curse”, “Kinds of Kindness”, “Eddington”) che trasporta e anima il film così come Bella Baxter porta a spasso sottobraccio il povero McCandless (qui Max, nel libro Archibald), “Poor Things” – che si avvale della commovente incarnazione che del personaggio letteralmente mastodontico e self-frankensteiniano di Godwin Baxter fa Willem Dafoe ("the Lighthouse") e della repellente messa in scena che del “povero” Duncan Wedderburn fa un filologico Mark Ruffalo ("In the Cut"), oltre che delle caratterizzazioni di Ramy Youssef (McCandless), Kathryn Hunter (Swiney; da “Orlando”, “the Baby of Mâcon”, “il Racconto dei Racconti”, “Black Earth Rising” e “the Tragedy of Macbeth” a “Megalopolis” e “Vicious”), Margareth Qualley (Felicity; da “Once Upon a Time in Hollywood” a "Drive-Away Dolls”, “Kinds of Kindness” e “Honey Don’t!”), Hanna Schygulla (indimen...
...ticabile), Suzy Bemba (Toinette, che compare, al séguito della protagonista, mentre assiste in un’aula di una facoltà di medicina di un’università parigina durante una sessione di dissezione autoptica nel corso di una lezione di anatomia, tra la maggioranza maschile e la presenza compartimentata di un gruppo di suore-infermiere), Jerrod Carmichael (Harry Astley), Vicki Pepperdine (Mrs. Prim), Keeley Forsyth & John Locke (la ex servitù di Victoria Blessington: "Parlami di me. Ero gentile?") e Christopher Abbott (il “povero” generale Blessington; "Catch-22") – è egregiamente fotografato [in formato 1.66:1 (parzialmente ripreso con obiettivi fish-eye, come a voler "smorzare" esplicitandolo e sottolineandolo il voyeurismo spinto, ed incorniciato da vignettature zigrinate) utilizzando per un quarto o un terzo del totale uno stock di pellicola 35mm invertibile (diapositiva) a colori (e che colori!) e in bianco e nero Kodak EktaChrome] da Robbie Ryan (Andrea Arnold, Ken Loach, Noah Baumbach e con Lanthimos da “the Favourite”), debitamente montato da Yorgos Mavropsaridis (con Lanthimos sin dal co-esordio di “O Kalyteros Mou Filos”), eccellentemente musicato da Jerskin Fendrix (Joscelin Dent-Pooley) e fantasmagoricamente scenografato (in studi ungheresi) da James Price e Shona Heath, (s)costumato da Holly Waddington e prostetizzato da Nadia Stacey – è scritto dal solo Tony McNamara, il co-firmatario del copione di “the Favourite” (il solo altro film di Lanthimos da lui non co-sceneggiato, mentre per il prossimo, l’antologico “Kinds of Kindness”, tornerà a lavorare con il collaboratore di sempre Efthimis Filippou), che l’ha adattato dall’omonimo romanzo semi-epistolare del 1992 di Alasdair Gray (1934-2019), autore contattato dal regista per discutere di una possibile trasposizione cinematografica del libro sin da quindici anni prima di quello che poi sarà l’iniziale motore-ciak-azione delle riprese: i maggiori cambiamenti rispetto al romanzo [“a parte” lo spostamento dell’ambientazione geografica principale da Glasgow a Londra - anche se l’ante-"Metropolis" (di Fritz Lang, Thea von Harbou e Otto Hunte) è Lisbona con le sue futuristiche funicolari (cabinovie e teleferiche) a guisa di tramvie aeree - e di quella storica da un Grand Tour realistico dalla Manica a Suez tra l’Età Vittoriana e la Belle Époque ad uno ucronico e cronosismatico quasi steam-punk] sono, in ordine d’importanza decrescente, il fatto che Victoria Blessington - introdottaci di nuca, ché di lei sol quella per quel momento scorgiamo, e poi le acque del Tamigi: e d’altronde questa è la storia di Bella Baxter - forse si sarebbe potuta salvare, pur consegnandole una vita freno-nosocomiale perché, citando il poeta, "di un suicida non hanno pietà" (chiaro che optando per l’alternativa, però, sono stati sottratti anni di vita utile al/la nascitur-o/a, facendol-o/a crescere in un corpo già adulto: altra azione "malvagia" da mettere in conto all’umano God); la totale espunzione della “Versione di Victoria McCandless” e della narrazione in prima persona di Archibald/Max McCandless; l’introduzione del personaggio di Felicity (la cui natura, pur intuibil...
...mente similare a quella di Bella, è sostanzialmente inspiegata, e, se non "superflua", altrettanto egoisticamente generata e disumanamente atroce); la mostruosa crudeltà che il padre di Godwin Baxter ha riversato verso l’infanzia e la giovinezza del corpo [e“non” (?) della mente] del figlio; e la decisione molto più esplicitamente autodeterminata di Bella Baxter di diventare medico (“Se conosco il mondo posso migliorarlo!”), che dichiara indipendenza ed emancipazione ostinandosi a non alzare il socialista ed ur-laburista sguardo rapito dal libro in cerca di perenne conoscenza, esperienza e scoperta: cut. ("Incidi sempre con compassione.")
* * * * ¼ - 8.50
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