Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Undici nomination agli oscar per un film piuttosto ardito e coraggioso (presenti anche diversi momenti splatter e gore), che affonda le sue radici nei classici della narrativa fantastica e li rimodula in un'ottica moderna e artistica. Frankenstein di Mary Shelley, palesemente citato dal trucco di Willem Defoe (un personaggio assurdo il suo) e dal rimando (questa volta al film di James Whale) delle scariche elettriche per riportare in vita un corpo morto, L'isola del Dottor Moreau di Herbert G. Wells e ancora Il Gran Dio Pan di Arthur Machen, La Mandragora di Hans Heinz Ewers e un romanzo semisconosciuto (Anima Nera) di uno psichiatra dedito al fantastico che i fan conoscono come Frank Graegorius per i suoi testi inseriti nella collana I Racconti di Dracula. Questi gli ingredienti, a cui si aggiunge un'intelaiatura da film di formazione incentrato sul tema dell'emancipazione della donna. Diretto con piglio sperimentale da Yorgos Lanthinos (regia eccellente), che fa un uso continuo de grandangoli anche in scene che si svolgono in interni, guardando un po' a Barbie (scenografie artificiose quasi fiabesche e fotografia con gialli-arancioni sparati) e, al tempo stesso, all'età vittoriana in un mix da steampunk. Visivamente molto bello, con tanto, tanto, sesso (alla Ivo Torello) e una protagonista apatica e non “corrotta” da quel senso etico che in realtà fa comportare i presunti civilizzati come individui che pretendono di avere per sé chi apprezzano solo per motivi sessuali. Un aspetto da una parte positivo, ma dall'altro rappresentato da una ragazza egoista (perché priva di coinvolgimento cerebrale) pur se nel suo altruismo umanitario (si dispera dopo aver visto i poveri morire, sentendosi in colpa per la sua estrazione sociale). Fortissimo il rimando a Machen ed Ewers, con la follia che finisce per pervadere molti degli amanti della donna (notevole Mark Ruffalo che ritorno ai tempi di In The Cut), evidentemente settati in modo malato e possessivi, con continui ribaltamenti dei ruoli. Bella Baxter (una magistrale Emma Stone) è tutto fuorché sensuale. La sua ingenuità è tale da farne una sorta di ragazza ritardata o, meglio ancora, fanciulla, nonostante le esperienze di vita la portino a svilupparsi sempre più sotto un profilo culturale (ma non emotivo) fino a trasformarsi in un medico. Molti i contenuti intrinseci per un'opera che acquisisce anche valenze psicanalitiche, da ricercarsi persino nella notevole passione artistica che sembra pervadere la regia (si vedano gli originali titoli di coda).
Esilaranti i dialoghi di Tony McNamara con Bella che parla di qualunque cosa, anche le più riservata, come se stesse parlando del più e del meno, senza alcuna malizia o scopi ulteriori. Non manca un messaggio finale di fondo che, pur muovendosi da uno spunto pessimista e nichilista, tende, attraverso l'infantile protagonista, ad abbandonarsi nel sogno di un mondo migliore da realizzare attraverso lo sviluppo di ogni singolo uomo (senza religioni, etica o ipocrisie) così che dal miglioramento del singolo si arrivi a quello della collettività in una concezione decisamente libertina che riconduce l'atto sessuale (evidentemente trattato con rimandi freudiani quale forza motrice del tutto) a una pura esigenza fisiologica che genera felicità. Notevole, sebbene non originale quanto sembrerebbe, Povere Creature! frulla horror, fantastico, erotico, filosofia e fantascienza. Sorprendente che i bacchettoni di Hollywood non lo abbiano penalizzato, essendo un prodotto concettualmente molto più europeo che americano. Da non perdere per gli appassionati di contaminazioni tra fantastico ed erotico.
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