Regia di Noah Baumbach vedi scheda film
Film un po’ fuori dai soliti schemi, con la voglia di osare ma che non sempre fa centro. Riflessione sulla vita (e sulla morte) con toni leggeri e situazioni paradossali.
Un po’ Wes Anderson, un po’ Paul Thomas Anderson, un po’ Spielberg, un po’ Jordan Peele.
Un po’ commedia, un po’ dramma, un po’ thriller, un po’ fantascienza/horror.
Parliamo di Noah Baumbach e del suo “Rumore bianco”.
Sì, parliamo di tanta carne al fuoco, che un po’ stona e disorienta, ma il film merita una considerazione.
Tratto dall’omonimo romanzo di Don DeLillo, il tema portante della pellicola è la paura della morte insita in ogni essere umano. E ognuno la elabora, la controlla, la domina se possibile a suo modo. Per chi se ne sentisse sopraffatto, stia tranquillo, basta una pillola di Dylar.
Il punto è che l’uomo, oltre ad esserne terrorizzato, della morte ne subisce il fascino, la persegue, la invoca (sugli altri ovviamente) quando l’isteria generale prende il sopravvento e se ne individua il più adatto destinatario: Hitler vs. ebrei, marito tradito vs. amante. . .il discorso verte sul fatto che, se toccate le corde “giuste”, tutti possono potenzialmente manifestarsi assassini.
Siamo nel 1984 e il prof. Jack Gladney (un Adam Driver bravo, adatto ma un po’ manierato nel mostrare la propria goffaggine) è il massimo esperto sugli studi riguardanti Hitler e il nazismo; la moglie Babette (bravissima Greta Gerwig, con un espressione che da sola è tutto un programma) soffre di amnesie e assume strane pillole di nascosto.
Tra una nube tossica assassina (meravigliosa la sequenza notturna durante l’esodo cittadino), complottismi vari, sparatorie in un motel e dialoghi con una suora miscredente, il film scorre un po’ a singhiozzo, ma con un tono per lo più leggero volto a sdrammatizzare.
Alcune scelte di regia sono interessantissime ed emozionano allo sguardo, coinvolgono e valorizzano la scena.
Già citata la nube tossica assassina (simbolo della morte che incombe su tutti), è notevole la scena dell’incubo con l’arcano nemico che incombe da sotto le lenzuola; da rimarcare inoltre la sequenza alternata dell’incidente ferroviario a far da contraltare ad una teatrale lezione universitaria.
Non è un film perfetto, si va di alti e bassi e di scelte più o meno azzeccate; ma è un film che merita, almeno in quanto all’audacia e alla voglia di rischiare e mettersi in gioco, senza limitarsi a fare il compitino; di questo va dato merito a Baumbach.
Secondo l’autore del romanzo, la vita è come il tempo che passi al supermercato, ognuno prende ciò che vuole e alla fine si paga il conto delle scelte fatte. Meglio prenderla alla leggera e ballarci sù.
Se poi il pensiero della morte smette di essere un rumore bianco, di sottofondo, a cui ci si abitua e alla fine non si percepisce più di tanto. . .tranquilli, c’è sempre il Dylar.
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