Regia di James Wan vedi scheda film
Nel Dicembre del 2018 il primo Aquaman si rivelò una scommessa vincente da parte del già scricchiolante Universo Cinematografico DC (o DC Extended Universe) sia riguardo agli incassi (ad oggi è ancora il film della DCEU di maggior successo) che al successo di critica e pubblico.
All’epoca il regista James Wan, divenuto famoso grazie alle sue pellicole horror, decise di mettere all’indice la seriosità, la cupezza eccessiva e il simbolismo imperante di Zack Snyder per abbracciare al contrario una vena più caciarona, colorata e divertita e che, un anno prima, aveva favorito anche il successo di Thor-Ragnarock dei Marvel Studios, sfruttando in tal senso anche la guasconaggine innata dell’attore di origine hawaiana Jason Mamoa, già da tempo scelto (dallo stesso Snyder) per esserne il protagonista.
Ora che il DCEU è arrivato a conclusione spetta quindi proprio al sequel di Aquaman, ancora diretto da James Wan, chiudere definitivamente il cerchio con un progetto, in realtà ormai privo di senso con la fine dello Snyderverse, che naturalmente si è rivelato come il fiasco annunciato da tutti.
Autore della sceneggiatura insieme a David Leslie & Johnson-McGoldrick, James Wan con Aquaman e il regno perduto anela l’ultimo respiro del vecchio universo cinematografico DC rimanendo però coerente con se stesso e la prima pellicola, immergendosi a piene mani dal cinema fantastico e scommettendo nuovamente sulla simpatia di Jason Mamoa affiancandone il ben più serioso Patrick Wilson secondo la più classica formula del buddy movie, già sfruttata con protagonisti Thor e Loki proprio nel già citato Thor- Ragnarock, e la cosa funziona ma sorprendentemente (o forse no?) proprio questa dinamica finisce per “guastare”, diciamo così, il resto della pellicola.
Pellicola che è una sorta di ibrido del cinema di intrattenimento in generale e un mix di generi, dal cyberpunk al fantasy alla Jules Verne (20.0000 leghe sotto i mari, L’isola misteriosa) o Edgar Rice Burroughs (Tarzan) fin anche al nostrano peplum, di cui ne recupera la struttura incrociata tra fantasy (coloratissimo) e mitologia (molto) alternativa, frasi altisonanti e battutine ironiche, implacabili nemici e mostri e/o creature improbabili e avversari di eroi muscolari e palestrati (in fondo Jason Mamoa fin dall’inizio della carriera è stato un emulo di Steve Reeves o Kirk Morris, gloriosi interpreti in passato dei vari Ercole, Maciste et simili).
Insomma, il nuovo Aquaman è un cocktail assurdo ed eccessivo ma anche un “pasticcio” (da intendere non in senso troppo negativo) di toni e registri caratterizzati da effetti visivi però altalenanti, a volte efficaci e a volte (spesso) promotrici di immagini invece di imbarazzante piattezza, da scene tagliate da un videogame (per limitarne l’uso James Wan sposta spesso la vicenda, legata inevitabilmente ai sette mari, in ambienti non subacquei), oltre che da una narrazione eccessivamente semplificata e con diversi problemi di ritmo, comprimendo alcune linee narrative (il personaggio di Mera è visibilmente ridimensionato, difficile dire se per le note vicende giudiziarie di Amber Heard con l’ex marito Johnny Depp o per le altrettanto note “antipatie”, ricambiate, con il protagonista Jason Mamoa) mentre altre invece hanno fin troppo spazio (le vicende legate al personaggio di Randall Park).
Ma soprattutto Aquaman è un titolo profondamente derivativo e dai continui “omaggi”, a partire da Guerre Stellari e la cantina di Mos Eisley (con tanto di boss del crimine alla Jabba the Hutt) fino a Il Signore degli Anelli (e nemesi alla Sauron con tanto di Tridente Nero in vece dell’Unico Anello) passando anche per la Skull Island di King Kong (e la sua improbabilissima fauna tropicale).
Questo non guasta del tutto l’esperienza cinematografica, tutto sommato gradevole, e l’accoppiata Patrick Wilson & Jason Momoa funziona davvero, seppur la redenzione “alla Loki” di Orm risulta molto più convenzionale (il personaggio non è altrettanto ambiguo e, soprattutto, Wilson non ha la bravura e il carisma di Tom Hiddleston), tuttavia la chimica tra i due è innegabile e contribuisce (molto) alla riuscita della pellicola.
Completano il cast Yahya Abdul-Mateen II, Nicole Kidman, Randall Park, Dolph Lundgren, Temuera Morrison e Jani Zhao.
A conti fatti, Aquaman e il regno perduto riesce nel non facile compito di congedare il DCEU con una certa dignità (siate buoni, su!) e, soprattutto, tanto cuore attraverso una pellicola tutt’altro che perfetta ma almeno solida e (abbastanza) godibile e che riesce a dare un senso compiuto al percorso del suo protagonista.
Un qualcosa che gli altri personaggi del DC Universe (tranne forse, a suo modo, Flash) non sono riusciti ad avere.
VOTO: 6
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