Aggiungere qualcosa al mare di recensioni presenti su internet e sui social inerenti al film Blonde, sembra impossibile, e credo che effettivamente lo sia.
È stato detto tutto e il contrario di tutto. Maltrattato e accarezzato dalla critica, dagli spettatori, dai recensori per caso, ma anche da chi non ha visto nemmeno una scena ma si sente in dovere di dire la sua.
Probabilmente è proprio questo l’intento del regista e cioè quello di far riemergere il dibattito sulla figura dell’attrice bionda. Bisogna dire il vero, Andrew Dominik ha colto nel segno, tanto che io stesso che sto provando a scrivere queste righe, sono colto da momenti di nervosismo a pensare ad alcuni pensieri che ho letto e sentito sul film e su Marylin.
Dominik non è che ha fatto poi tanti film importanti, almeno che io ricordi, ma questo credo proprio lo consacrerà definitivamente, non tanto per la bravura (di cui possiamo discutere poi) ma per essere riuscito a far parlare del suo film in tutto il mondo (o quasi).
È evidente che il regista pecca di supponenza e lo si può notare in tanti particolari come le tecniche che ha tentato di usare, la lunghezza della pellicola, l’uso addirittura della computer grafica e la voglia di inserire mille messaggi senza però approfondirne nessuno.
Ci sono però dei punti a favore, come l’idea di trasformare in scene cinematografiche alcune delle foto più famose di Marylin, ma anche la scelta del cast è decisamente interessante con una Ana de Armas veramente straordinaria. La sua interpretazione è quasi perfetta, nei movimenti, nella voce ma anche nel semplice movimento degli occhi. Anche i coprotagonisti della pellicola sono ben centrati e si vede che hanno lavorato bene sui loro personaggi.
Il problema è il soggetto in sé, che, non avendo letto il libro da cui è tratto non so se sia liberamente ispirato al romanzo o ne segua fedelmente il racconto. Sicuramente disegna una falsa Monroe che soffre per tutta la vita senza un minuto di sorriso cosa che non sembra così reale.
L’eccesso degli spezzoni con rapporti sessuali più o meno consenzienti è sempre il risultato della supponenza registica ma anche, forse, della continua richiesta del pubblico, che ultimamente ama molto le scene forti.
C'è anche il problema della lunghezza: non si può fare un film di quasi tre ore.
Se, come sembra, il regista ha voluto fare un’accusa a tutti quelli che hanno conosciuto anche solo attraverso le pellicole Marylin Monroe, non è forse vero che inventarsi storie così violente e dure su di lei è altresì una violenza? Siamo tutti colpevoli allora.
Un altro tema del film è l’anti abortismo: è inutile girarci intorno, il film ha chiari riferimenti alla contrarietà sull’aborto.
La cosa non è sbagliata, perché come per tanti altri temi c’è la possibilità di pensarla come meglio si crede, il problema è che questo era il film sbagliato dove parlarne e anche le modalità con cui il regista ha voluto proporre l’argomento (il feto che parla) sono orrende.
Il film in totale non è così malvagio, l’unico problema è che vuole raccontare Marylin Monroe, violentandone così la memoria.
Se fosse stata una storia totalmente inventata e con protagonista un personaggio di fantasia allora parleremo di un altro tipo di pellicola.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta