Regia di Andrew Dominik vedi scheda film
Il personaggio della Monroe è pretesto e simulacro per raccontare la figura femminile senza tempo fagocitata dall'industria dello spettacolo, carne da macello nelle grinfie dei potenti, una donna tanto dilaniata nel corpo da perpetrati abusi fisici quanto trasfigurata della sua umanità-unicità e da qualunque connotazione personologica, epurata della sua vera essenza e asservita ad un ruolo precostituito. La tragedia di un "io" che non ha possibilità di emergere ed essere visto, capito e accolto dal mondo esterno. In "Blonde" abbiamo l'invasione della dimensione pubblica che va a contaminare quella privata fino ad annullare l'essere umano reale, costretto a soccombere nel lasciare il posto ad un altro fittizio. Norma Jeane si sente perennemente sul set di un interminabile film con protagonista Marylin Monroe dove non sono previsti stop di riprese. Un'esistenza ingabbiata entro una asfissiante bolla onirica sferzata da incubi e caos. Ma ancor di più è un film centrato sull'oblio psicologico causato da una genitorialità negata, e da questo prende il via l'estenuante ricerca di una figura paterna nell'altro, la proiezione di questa in qualsiasi relazione affettiva. Il nucleo tematico a dire il vero è piuttosto esile nell'allestimento prettamente narrativo, non sufficientemente sfaccettato e profondo da poter giustificare le quasi 3 ore di durata, ma è indubbio che la pellicola viva traendo vigore dalla sua forma, da quelle soluzioni visive che sono simmetria di una robusta prova registica e di una fotografia a dir poco abbacinante.
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