Regia di Andrew Dominik vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 79/ NETFLIX
Già dall'infanzia, la vita di Norma Jeane Mortenson preannunciava avvisaglie tipiche di un triste, amaro film in cui la pesante assenza di una figura paterna, e la presenza di una madre squilibrata e mentalmente instabile, condussero innanzi tutto la piccola bimba di sette anni ad essere destinata all'orfanotrofio.
Circostanza che non impedì alla giovane, che nel frattempo si formò nel fisico al punto da assumere fattezze da ragazza di gran bell'aspetto, di sfondare in un settore come il cinema, in cui l'immagine femminile non richiedeva altri requisiti se non un fisico adatto, ed una certa predisposizione alla sudditanza e all'essere usati e sfruttati.
Andrew Dominik gira con la consueta destrezza che lo ha reso negli anni un cineasta di rilievo. La protagonista, volitiva e generosa Ana de Armas, splendida e sogno erotico per antonomasia, è perfetta, per quanto fisicamente meno procace della Marilyn originale, a rendere inarrivabile il fenomeno della diva a cui dà corpo e volto.
Ma nel film, tratto dall'omonimo romanzo romanzati e pettegolo di Joyce Carol Oates, già trasposto in una miniserie dallo stesso titolo, il mito Monroe viene esplorato impudicamente dall'interno, più che da vicino, romanzato e sovraccaricato di cliché e patetismi fuori controllo sul non essere: non essere figlia, né moglie, né tantomeno madre. Lo sfruttamento malizioso (tra la clamorosa fellatio "presidenziale" e le profonde riprese "vaginali" tecnicamente notevoli, anzi ineccepibili) e irrispettoso nei confronti di una diva risulta eclatante, anzi disturbante, consapevoli come siamo di non poter ottenere alcuna reazione dalla povera interessata.
Ecco allora che la diva, così disinvoltamente compatita e strumentalmente coinvolta come una cavia sacrificale in situazioni che svendono ai bassi istinti la sua iconica figura, si trascina in un percorso che lascia allo spettatore solo un sentimento misto tra umana pietà e senso di colpa per aver partecipato pure lui, guardando il film, ad un simile gioco al massacro, tra maschi freddi o privi di un qualche briciolo di umanità, majors avide disposte a tutto pur di spremere la loro vacca dorata, e potenti che scartano la caramella, la leccano e la buttano via prima di finirla per dedicarsi ai destini del mondo.
Ben diretto da un regista che, come già accennato, sa il fatto suo da tempi non sospetti, ma completamente senza cuore e senza rispetto, freddo e cinico, Blonde finisce per trasformarsi in un contenitore laccato ed assai appariscente di gossip spudorato e senza scrupoli.
E se, come già accennato, la splendida Ana de Armas ci mette anima e un corpo perfetto che tuttavia sminuisce inesorabilmente le forme burrose della diva originaria, il resto del cast (a parte la sempre ottima Julian e Nicholson nei panni di "mammina cara" Gladys) in particolare quello maschile ( in testa i mariti famosi Bobby Cannavale-Joe Di Maggio e Adrien Brody-Arthur Miller, appaiono decisamente opachi e sotto tono.
Blonde, pertanto, appare come un film tecnicamente ben fatto, ma anche cinico, freddo, furbo e pieno di calcoli.... Tanto Norma Jeane ormai può solo rivoltarsi nella tomba...
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