Regia di Andrew Dominik vedi scheda film
E' tutto sovrabbondante ed estremizzato in Blonde, fin da rendere invadente e ridondante anche l'immagine della protagonista stessa.
Andrew Dominik sa bene che per cercare di lasciare il segno con la storia che ha tra le mani deve inventarsi qualcosa di particolare, altrimenti sarà l'ennesimo film su Marylin.
Si discosta fin dalle battute iniziali dal biopic classico, ma questo era lo sforzo minimo richiesto e adotta uno stile completamente diverso che ci trascina in un universo cinematografico parallelo, ma perfettamente aderente ad un altro modo di fare cinema che riconosciamo subito, ovvero quello fluido, onirico e visionario che non conosce pause e schemi convenzionali.
Capiamo fin da subito come il film si trascinerà nelle sue due 2 ore e 45 e percepiamo anche che non ci sarà mai un cambio di passo o di stile, l'adattamento è immediato e a quel punto prendere o lasciare. Il film ci regala delle belle fotografie, ma nell'insieme la narrazione diventa stancante, in bilico tra quella di uno spot pubblicitario di una grande marca e il tentativo di fare un cinema elevato dove la forma avvolge i contenuti.
E' tutto abbondante e sovrastante, eccessivamente barocco e lirico con l'intenzione di rendere ogni fotogramma stupefacente, anche la protagonista Ana De Armas finisce per andare in overacting e mandare in stallo la sua immagine. Non mancano oltretutto delle cadute di stile fragorose dove si amano feti parlanti e compaiono visioni eteree al limite del comico involontario.
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