Regia di Andrew Dominik vedi scheda film
Film su Marilyn Monroe, ispirato al romanzo di Joyce Carol Oates. Controverso e divisivo. Buona la prova attoriale di Ana de Armas,
Siamo in America negli anni trenta, Norma Jean è una bambina come tante, che adora la mamma e non si separa mai dal suo peluche, non conosce suo padre, non sa chi sia. Sua madre non ricambia l’affetto, anzi rivela una profonda incapacità di accettarla e di volerle bene, peraltro la sua manifesta schizofrenia, influenza negativamente il suo comportamento; dal suo “malato” punto di vista, la bambina non è altro che un peso e un ostacolo al raggiungimento dei suoi obiettivi. Più volte prova ad ucciderla, fino a quando giudicata incapace di intendere e di volere, viene internata e Norma Jean inizialmente accudita dai vicini, finisce poi in un orfanatrofio. La ritroviamo adulta, ormai già Marylin Monroe, mentre viene molestata da un produttore. Poi dopo un provino che sembra una seduta di analisi, viene inghiottita dal firmamento Hollywoodiano e a seguire l’incontro con coloro che diventeranno i suoi mariti, tutto all’insegna dell’abuso e della violenza. "Non sono un'attrice, sono solo una bionda" è l’amara citazione che apre un film controverso e divisivo. Andrew Dominik, il regista e sceneggiatore prova a trasferire le pagine della Joyce Carol Oates, da cui il film trae ispirazione, per riportare solo brani di verità e ricostruire la sua Marilyn. Prendiamo atto che se l’intento del regista era quella di renderle omaggio, certamente non ha raggiunto l’obiettivo. Blonde è un film che “offende” la memoria di Marilyn Monroe, che demolisce la magia che da sempre c’è dietro il suo mito e ne avvilisce il personaggio. Dominik ha scelto il percorso più “scandalistico” per narrare la sua figura e invece di dare spazio a una esplorazione della sua sfaccettata e tormentata personalità, ha deciso di procedere con un esercizio di stile, fine a sé stesso e autoreferenziale, allestendo un film disordinato e disomogeneo, coriaceo e brutale, oltre che lungo e lentissimo. Non vi è riguardo nello sguardo di Dominik, cinico e spietato, nulla ci è risparmiato e proviamo una sensazione di disagio, nella posizione in cui Dominik ci colloca; come sadici voyeur, indiscreti ad assistere alle molestie e alle reiterate violenze di impresari dell’industria cinematografica, che meschinamente ne abusano e di lei si approfittano. Marilyn Monroe viene descritta soprattutto attraverso le sue traversie sentimentali e sessuali, esposta a numerose e gratuite scene di nudo e violenza, un “menage à trois” con i figli di Chaplin e una inutile scena esplicita di sesso orale, strumentale solo a sfatare il mito di J.F.Kennedy e a creare morboso interesse. La regia utilizza una fotografia che vira da colori pastello a un bianco e nero, con un cromatismo cangiante, una ripresa dondolante, tra immagini realistiche, alternate a quelle oniriche, carrellate, panoramiche, zoom e sguardi in camera: la mdp si sbizzarrisce in tutti i modi.La colonna sonora è una nenia dolorosa; Ana de Armas, la protagonista, oltre che bellissima è senz’altro molto brava, e la sua performance è di rilievo, tuttavia malgrado i suoi lodevoli sforzi, penalizzata da una direzione “discutibile”, non riesce a restituire l’indole di una donna e di un’icona unica e indimenticabile
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