Regia di Ari Aster vedi scheda film
Film per pochissimi “Beau ha paura”, opera fluviale e coraggiosa, dove la personale poetica dell’autore si sposa con la rappresentazione di un mondo allo sbaraglio, accecato da ideologie deleterie (“woke”) e principi mortiferi (se la paternità, in quanto conseguenza di un patriarcato vituperato, va cancellata, la maternità non è meno mostruosa), dove il sesso è sempre più fluido e la memoria (di sé e degli affetti) irrilevante. Il risultato di una crisi valoriale così apocalittica non può che essere la tabula rasa, come dimostra un finale nero e desolante. Tra Kafka e Charlie Kaufman, un vividissimo specchio dei tempi e di un’America disfatta, in preda a una dipendenza farmacologica annichilente e a una perdita di centro rovinosa. Per quanto alcune scelte formali risultino stranianti e stridenti, non c’è un minuto su 179 che sia sacrificabile nel comporre un quadro ampio e complesso della contemporaneità come pochi altri film recenti possono vantare di essere. Tutta la prima mezz’ora e la scena del viaggio realizzato a tecnica mista sono finanche memorabili.
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