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Beau ha paura

Regia di Ari Aster vedi scheda film

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La recensione su Beau ha paura

di MartinVenator
8 stelle

Ci immergiamo con questa pellicola nelle vicissitudini familiari e personali, nelle paure ancestrali di Beau Wassermann, cittadino statunitense di media età, orfano di padre e con tutta una serie di problemi a carico derivanti in parte da una madre controllante e manipolatrice, sicuramente dalla pseudo società che lo circonda e dentro la quale si sente inadeguato, ma soprattutto, direi, da se stesso e dalla famiglia in generale "che rappresenta il male. Un male radicato. E dal quale è impossibile fuggire. Si può solo abbracciare questo male che ti incatena, con le sue perversioni, con le sue follie con quelle catene che di fatto incastrano tutti noi in spiacevoli mura falsamente amiche".
Difficile, molto, dare un giudizio su questo film in prima lettura tanti e tali sono gli spunti che propone e gli interrogativi che ci pone; un film seminale direi, un po' come in effetti fu il primo Lynch e che s'interroga in definitiva, con artefatta sincerità, anche su quelli che immaginiamo essere i personali fantasmi di Ari Aster, regista ebreoamericano che in sole tre pellicole è diventato come un faro per una certa cinematografia.
Un film sicuramente divisivo ed estremo, visionario ed allegorico, anarchico ed onirico, un'odisseamovie che scavalca però i generi triturandoli e. diventando poi genere esso stesso, surreale, grottesco, ma anche poetico e futuribile con un'interpretazione psicanalitica del protagonista oltre la norma e che ha avuto sicuramente una lunga gestazione essendone il corto, Beau del 2011, un significativo predecessore.
La pellicola ha incassato solo un terzo di quanto investito e dunque non è neppure andata in pari ma non è poi così troppo disdicevole pensare che questo sarà un film che sarà apprezzato maggiormente con gli anni a venire.
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