Regia di Ari Aster vedi scheda film
AL CINEMA
"I dispiaceri non arrivano mai come una singola spia, ma come interi battaglioni." Vivere di paure ed incertezza aiuta a stimolare la prudenza ed un certo senso del limite che spesso diventa la giusta causa per sopravvivere più a lungo e con meno problematiche.
Ma una condizione di perenne terrore esistenziale si trasforma invece in una vera e propria ossessione che porta a stati di alterazione progressiva in cui ogni dettaglio del reale viene frainteso, rielaborato, estrapolato dalla sua vera essenza e trasformato in un pericolo pronto ad infierire sulla persona che soffre di questa preoccupante sindrome.
"Lui è Beau. Ha avuto un incidente e i suoi genitori sono morti."
Questo è il modo rapido e realistico in cui il protagonista viene presentato durante il suo lungo viaggio delirante da chi ha imparato a conoscerlo, nei confronti di chi gli si pone dinanzi.
Beau c'è e ci fa: ha sempre temuto il peggio e la situazione familiare in cui ha vissuto, o creduto di vivere, gli ha permesso di coltivare questa sua particolare profonda convivenza con la paura per tutte le fasi della propria vita. Devastato da una figura materna protettiva ma anche castrante, Beau ha tentato di sfuggirgli, ma invano, come dimostra tutta la storia che sorregge il nuovo film di quel gran talento che si conferma, dopo l'agghiacciante Hereditary e ben più che nel sin troppo sostenuto e Misommar, il lanciatissimo Ari Aster.
Il suo divisivo, piuttosto urticante, sin sfiancante nelle sue tre lunghe ore di deliri a ripetizione, ma a tratti anche irresistibilmente divertente Beau ha paura, è incentrato a descrivere, magnificamente, la figura cardine ed emblematica del re degli ipocondriaci nel trionfo dei sensi di colpa.
Aster costruisce il suo film con un incipit delirante e al cardiopalma, poi si prende tempo per delineare un mondo tutto ad uso e consumo del suo alterato protagonista, poi ci trasporta nel teatro della vita e ci racconta la favola di una vita tutta alti e bassi.
E poi accompagna a casuccia il suo Beau a trovare ciò che resta della amata genitrice.
Un viaggio nella follia che inizia come un incubo, e finisce come un delirio, garantendo anche siparietti fulminei in cui si ride nervosamente, ma di gusto.
E il film di Aster si rivela davvero clamoroso per come riesce a descrivere le minuzie di una follia da cui è impossibile tornare indietro o sperare di rinsavire.
Il cast si compone di nomi notevoli come la bravissima attrice teatrale Patti Lupone, o Nathan Lane, Amy Ryan, Parker Posey, o Denis Menochet in un ruolo molto fisico e concitato.
Ma la differenza tra un film riuscito e un'opera straordinaria la fa, assieme al regista, lo straordinario Joaquin Phoenix, immenso, stratificato in composizione una e trina, devastato da una insicurezza che suscita insieme tenerezza e un sentimento di esasperazione che può creare anche un rifiuto o un rigetto verso un'opera certamente ostica, non certo alla portata di tutti gli sguardi.
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