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Gangster N. 1

Regia di Paul McGuigan vedi scheda film

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Dom Cobb

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Gangster N. 1

di Dom Cobb
8 stelle

"Il re è morto. Lunga vita al re". Ascesa e caduta di un re del crimine, partendo dalla beat London di fine anni '60 per arrivare all'attuale, moderna city di inizio millennio. Una storia quasi scespiriana in cui, come nella miglior tradizione, l'allievo, prima impara dal maestro, mentre poi, per invidia, cerca di superarlo ed eliminarlo. Il protagonista - di cui non sapremo mai il nome - viene ingaggiato da Freddie Mays (David Thewlis), padrino emergente della criminalità locale e resta subito "ubriacato" dal lusso e dalo stile dettato dallo stesso Mays. Vengono subito notati particolari quali i completi indossati dal boss (e tutta la banda deve essere vestita in giacca e cravatta), il ferma cravatta, l'orologio d'oro ultra piatto, i divani in pelle del suo appartamento. Tutto questo, per il protagonista, profuma di potere. E sarà proprio la brama di potere, di essere lui il n°1, il tarlo che roderà il protagonista fino a tradire il proprio capo. Il tarlo di voler essere come Freddie Mays, di voler essere al posto di Freddie Mays. Una curiosità a proposito del nome del protagonista: nei titoli di coda viene indicato, da giovane, come "Gangster n°55" e da anziano, come "Gangster n°1". Paul Bettany è il giovane gangster e mette in scena un personaggio inquietante: il suo sguardo gelido e torvo, la sua parlata sinistramente pacata danno l'impressione di essere sempre sul punto di mettere in pratica qualche crudele proposito. La stessa fidanzata di Mays, Karen (Saffron Burroghs) gli dice: "C'è qualcosa di torbido nel tuo sguardo". Il gangster anziano, ormai capo incontrastato, invece è interpretato da Malcom McDowell, che si confronta con un ruolo praticamente cucitogli addosso. Non ha affatto perso il suo sguardo torvo, così come il suo rabbioso disprezzo ed il suo sarcastico senso di superiorità nei confronti degli altri. La notizia della scarcerazione di Mays, dopo trent'anni di galera, darà il via a tutta la vicenda, raccontata a ritroso dal vecchio boss. Ed è proprio la sua voce fuori campo che, durante tutto il film, narra tutte le sue imprese criminali, con un tono perennemente sadico e compiaciuto (basti ascoltare le sue minuziose "cronache" dell'attentato a Mays o dell'omicidio, da parte sua, del boss rivale). Il confronto finale tra il gangster e Freddie Mays avviene nel vecchio appartamento di Mays, ora di proprietà del protagonista. Stessi arredamenti, stessi divani in pelle: nulla è cambiato in 30 anni. Tutto è uguale a se stesso. Così come è rimasto uguale il gangster, che è invecchiato, ma non è mai "cresciuto": stesso sadismo e stessa voglia di rivalsa verso il suo ex-capo. Ma cosa cerca ancora il gangster? Cosa non è ancora riuscito a sottrarre a Mays? Forse la capacità di voler bene e di farsi voler bene da qualcuno (desiderio che esprime chiaramente a Karen), il fatto di accettarsi così come si è. Lo stesso Mays, per quanto sia un personaggio ingiustificabile, alla fine dirà di sè: "Sono solo un vecchio stanco in un vestito dozzinale. E mi va bene così". Il regista Paul McGuigan ha dimostrato, anche in altri suoi film (per esempio il successivo "Slevin") di essere attento a voler dare una forte connotazione alle locations. Infatti è perfetta la ricostruzione degli ambienti degli anni '60: i locali, gli appartamenti con gli arredamenti e le carte da parati tipiche. Alla fine il vecchio gangster resta da solo nella sua grande casa, ancora rabbioso verso Mays che non gli ha dato soddisfazione, verso se stesso, verso il mondo intero. Ripone con cura i suoi abiti (come ogni volta che si preparava a compiere un sanguinario omicidio), sale sul tetto del palazzo e, pateticamente, si mette a gridare "Sono il numero 1!". Poi un ultimo volo di sotto. "Il re è morto. Lunga vita al re".

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