Regia di Marleen Gorris vedi scheda film
Spesso, nella credenza popolare, genio e follia vengono messi in stretta correlazione. Questo vale soprattutto per geniali maestri di scacchi, contemplati come esseri del tutto estranei alla realtá, ma che in veritá possono solo essere semplicemente malati. I piú noti esempi sono Paul Morphy e Wilhelm Steinitz, a cui vengono attribuite malattie psichiche anche gravi, mentre attuali studi avanzano legittimi dubbi sulla veridicitá delle follie di Bobby Fischer e Alexander Alechin, che potrebbero solo essere state piú o meno inconsciamente "recitate", al servizio dello stesso tipo di paradossale popolaritá. Il tema ha comunque sempre molto affascinato la letteratura, un esempio su tutti la famosa "Schachnovelle" di Stefan Zweig e le numerosissime riviste scacchistiche fino alla metá degli anni ottanta. Ci sono anche numerosi film che trattano di scacchi. Questo tratto da Nobokov tematizza ancora una volta la drammaticitá della psiche del genio. In immagini meravigliosamente fotografate si fa riferimento in flashback anche alla infanzia di Luzhin. John Turturro convince come figura centrale, spesso estraneo alla realtá e fragile, sensibile quasi fuori di senno e che collude piú volte con la pazzia. Solo il comprensivo materno caldo cuore di Emily Watson riesce ad evitarne il crollo. Quando tutto scorre verso un finale decisivo, ci si chiede: se Lushin vince, allora si tratta di una bidonata, se invece perde, allora si tratta di un finale deludente e anche incoerente con la precedente costruzione cosí convincente del talento assoluto. La maggior coerenza con la base letteraria é invece proprio il sorprendente avvincente finale scelto dalla regista in cui il genio viene per cosí dire riabilitato proprio nella partita decisiva dall' unica persona che abbia veramente amato nella sua vita fatta di folle genialitá pagata al caro prezzo di un disadattamento alla realtá e di una profonda solitudine .
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